Se vado nella Luce
inebrierò di sangue le mie frecce
ma non sangue d’eroi
né di piccoli volatili:
filerò dritto
con gli occhi lapidati dalle stelle…
contromano
Attorno a un diverticolo di fiamma
s’alza l’ingegno e aguzza gli assassini
Ma voi come eravate?
Io so come eravate voi bambini:
tuffati in mezzo all’odio e alla sporcizia
di vostra madre che puzzava come un piccione morto
sfilando dall’imbroglio su stoffe ammucchiate
o su ricordi forti e rossi come fragole ferite
stridendo vendetta in mezzo ai denti
(fragole ferite)?
Uno schiaffo di libertà
mi ha spinto a guardarmi allo specchio
rannicchiato nella vestaglia.
Fra poco mi evocherà Finnide per darmi il buon giorno.
Non ridete: su Venere la chiamano così.
Niente male per un sopravvissuto
quando fuori, alla finestra, preme l’aurora
e se la spalanco afferro dolcemente cose nel vento.
Le strade sono sporche, piove acqua sporca
ho rinunciato alle sigarette
mi bevo la bocca ingoiando miele-morbidezza
tanto nella testa ci sono solo affanni congelati.
E’ bello starsene così, senza far niente di male
fuori c’è un’alba piena di uccelli
e dalle tempie sparisce una ferita leggera
perché ho scritto tutta la notte
per regalare una presenza o un’assenza
e adesso sono umido di stanchezza come una bambina.
Avete notato come mi sono messo in primo piano?
Ma da piccolo, signore e signori,
recitavo il gioco del bambino
per dare il minor fastidio possibile.
Sono una indossatrice islamica
svanita come un merluzzo nell’oceano.
Se Gesù non ci avesse strillato,
l’aceto sull’issopo
gli avrebbe fatto male ancor di più,
perché il sangue risucchiato fin dai limiti dei diti
spaventa solo i falsi Serafini
non quelli teologici e reali che neanche si lavano.
Sennò la porporina gli si stacca
e se ne andrebbe via luccicheggiando.
E’ bello sorridere quando si ama
ma ho paura di sognarti
e il brutto è che non ho nessuno a cui scrivere
perché forse non ho amato mai nessuno
e forse sto pensando solo alla luce danzante
di una candela in amore.
“Aldebaran, riduci la mia pena
tormentami se vuoi ma fammi forte!”
perché sono una monade
conosco la realtà solo dall'osservatorio autistico
e non è acqua di fiume
non è acqua oscura di fiume:
è la lunga dolce ala della giovinezza
risacca marina, chiarìa di gabbiani
nello stellato emotivo del corpo.
Aiuto! Aiuto!
Sono scappati i nuvoli e gli umili bisonti
e i rami storti a nocche per l’artrosi,
gli ossi secchi a stalattite
e le bambine storpie per la poliomielite.
Riportiamoceli dentro
nel nostro cuore vecchio
nel nostro letto.
Nicoletta
svenuta di sera fra cuscinetti d’aria
sotto il cielo di Gennaio, intrappolabile nei versi!
“Ma perché devo vivere ancora?”
chiedevi a voce lenta
al cuore gonfio di flussi di sangue
del tuo nuovo innamorato (povero vecchio)
chinato sul tuo profumo sporco.
Eppure i sopraccigli e gli occhi svelti
erano di civetta
piccola zingaretta
leggera.
L’archeologia dei sogni estinti dalla Luce
mi lascia il ritratto di una ragazza di carta
sopravvissuta al tramonto dei neon notturni.
Sorride da un manifesto pubblicitario
sembra guardare il greto del fiume
e, più in là,
una casa di fantasmi disabitata dal tempo.
La ragazza ha un viso rotondo.
Gli occhi morbidi hanno testimoniato, durante il sonno,
il passaggio della notte.
Chissà se il suo sguardo si è estinto fino alle statue
che incorniciano lo Stadio dei Marmi
di Roma fascista, al di là del fiume
o se un colpo di vento o un suono di Musa
hanno fatto girare il manifesto verso colline in penombra?
Talvolta la ragazza non guarda
scherza coi suoi vicini di spazio:
i bambini in bicicletta o quelli che irrompono
evocati dalla silhouette della sua fantasia,
gli gnomi e le fate stregate
che attraversano il Tevere guidati dal magnetismo della Luce.
A volte la ragazza di carta va al cinema:
un passo di danza
e appare davanti al manifesto di un nuovo film
fra sagome e nomi d’attori.
Oggi l’ho vista sorridere di una gioia bambina e pacata
cercando un nome per lei nella sfera della Luce...
i suoi capelli corti, le sue orecchie piccole e tenere ,
il suo naso spiritoso…
Ma sì! La chiamerò “Rotonda”!
Ho sentito alla televisione che la carta è riciclabile
ho guardato fuori dalla finestra e l’ho vista:
la mia ragazza è ancora lì!
Mi sono rannicchiato nel letto con un giramento silenzioso…
no, Marco!
non è un’invenzione, non è una favola:
quella ragazza tu potrai portarla in barca a fare una gita al lago!
Però risvegliandomi…
certo, certo,
il suo fascino sussurra, ma faccio una certa fatica
a trattenere l’immagine complessa del suo corpo
come se la vampa (giocando a nascondino tra le ciglia e il collo)
creasse illusioni ottiche
che succhiano il terrore di perderla per sempre.
Così nel pomeriggio
porterò la mia ragazza a fare una gita in metropolitana
(in formato più piccolo, naturalmente,
come su una rivista che non riesco a sfogliare)
e lei mi leccherà una goccia verde di pistacchio
dal cono che assaporo guardandola.
“Smetti Rotonda! Vedrai:
ti porterò sulle altalene, ti renderò invisibile, parleremo d’acqua e di Luce
e delle cose che vedi di notte, mentre ti sogno!”…
A volte Rotonda appare in altri manifesti, in altre parti della città,
ma è sempre lei?
Lunedì l’ho vista, di passo affrettato, fra una chiesa e una galleria d’arte:
dove era entrata?
Come fa una ragazza di carta a muoversi in mezzo alla folla?
E’ parso che fosse entrata in un quadro…ma no!
mi aspettava al fiume!
Infatti stava lì sul marciapiedi, sorridente,
nell’acquario di Luce.
Il Sole vertìcolo al viso fibrillava sul corpo di fiamma e sui piedini nudi.
Domani porterò Rotonda al Luna Park e sarò fiero che tutti vedano la mia ragazza…
però cos’è quell’ombra sul suo viso?
Che stupido: si è fatta già sera guardandola
la Luna e i lampioni sono ancora spenti
ma ecco:
il diapason di una stella riporta la sua brillantezza!
Grazie amica mia
a domani
ancora!
...........
“Son le farfalle l’anime dei morti”
a me l’ha confessato a mezzanotte e dieci una bella farfallina
che dopo s’è infilata fra i segreti delle fessure
di quattro ciocchetti di faggio come per dire:
“vediamo che c’è! visto che pure io stessa ci sto”
e poi se ne è tornata al prato scuro
snobbando la micetta che mi viene a trovare di solito.
Non ci credete?
chiedetelo se è vero
ai tre ragni che ho ammazzato in cantina, grossi che non ce la facevano a camminare
o a quello scorpioncino che mi ci è voluto il martello mi ci è voluto!
Per questo sono diventato teologo
e quella farfallina mi è venuta a trovare:
perché doman mattina
nemmeno ci sarà!
Addormentàti dalla banalità dei pensieri.
Infatti i pensieri dondolano fra il giallo e l’arancione
come i cammelli o come le banane.
Ma la senti tu la puzza d’ospedale?
la madonnina ferma al piedistallo? il caldo innaturale in corridoio?
I vecchi con il vino nelle vene, le vecchie grasse e vuote
e tutte le infermiere che si sfiancano non tanto per dovere
ma per fare l’occhiolino al nuovo dottorino?
Però fuori che ci sta?
Erbette secche, la piana d’Avezzano,
e invece noi ci andiamo come se niente fosse.
Quasi quasi era meglio quella rospa sudicia
che aveva il cancro fino ai pedicelli
almeno era umida!
Nel parcheggio celeste
non c’è posto per il nozionismo di letterati senza poesia
cioè per i burocrati kafkiani.
E non c’è alcuna diserzione dal vivere:
muoversi attraverso l’immaginario non significa ingannare la vita!
Anzi, le tue dita diventano raggi di Luce
(poi certo i tergicristalli continuano a tracciare schizzi d’acqua
su fari illuminati come pupille feline)
ma perché dovremmo pagare la tariffa per uscire dalla vita?
per anestetizzarla?
per anestetizzare il suo sapore?
Certo, la memoria di un Eden dissolto
simula una percezione ansiosa
ma c’è sempre un angolo di mondo che ci sfugge
infatti a me, personalmente,
mi duole una fanciulla in tutto il corpo.
E l’apnea ansiosa, che simula il vuoto, chi ha fatto vedovo
me o lei?
(Avete rivisto il cimitero, eh? bricconcelli?!
siete irosi di una storia senza storia, ma solo sulle lapidi, eh?!)
Anch’io lo sentivo il martello nel vuoto
ma tornava in ritardo come l’eco stridulo della metropolitana.
Allora riannodate insieme i fili della vita
perché sono Luci non censurate dagli inquisitori.
E’ come guardarsi alle tre di notte
e poi la carezza ti penetra mentre dormi
e la violenza dell’angoscia non cancella la memoria della bellezza.
E che ne so io
di quante volte ondeggia il pero nella notte?
lo sa solo la Befana
con le scarpe tutte rotte!
Ho un bastoncino sagomato a “7”
ci appoggio l’anima quando vado a distrarmi;
di solito alle due, alla controra,
quando i cretini tacciono o fanno il riposino.
Invece giù nell’orto sudano i pomodori e gli zucchini caldi di solleone
e le talpe si rintanano per le unghiette affilate del gatto che osserva
accovacciato e immobile.
Ma di colpo Libeccio s’innalza
e le nuvole bianche risfuggono ai monti lontani
zzz!
Che è?
E’ la piccola mosca campagnola lucida e scaltra
che ti vede e ti si attacca sempre sullo stesso punto.
Allora dice: “adesso raccolgo quattro visciole
spacco qualche nocciola
così con la scusa rivado in cantina e faccio un travasetto di nascosto
nelle antiche bottiglie marroni di birra “Peroni”:
(è bello far travasi furtivi in cantina!)
Ma appena esci, riecco la moschetta
e il bastoncino a “7”.
Siedi su una nuvola!
abbraccia il mondo prima che sia troppo tardi
gioca con la bocca senza assistenza semantica
sennò ti viene la paura di Novembre e della pagina bianca
invece è bello suonare di assenza ed entrare in chiese vuote.
Anch’io non voglio più giocattoli, ma un cappello da bersagliere
un corpicino puro e pulito, disegnato sull’aria tremante
sul cielo che attende e sorride
un punto irradiato di feroce tenerezza
labbra morbide di burro per afasia monosillabica.
Allora l’aria brucerà d’amore
e la notte sarà un pretesto per delirare bellezza
e sopra il mare sorriderà la Luce e i sui Poemi
e il fianco tenero di un sogno
sfiorerà piedini bianchi che non toccano per terra.
Perché si insegna ancora “ROSA - ROSAE”?
per la declinazione della Prima?
certo!
E poi perché è una bella tradizione!
Anche “puella” andrebbe bene,
ma lo iato fra vocali
la doppia consonante pure liquida…
farebbe che i maschietti arrossirebbero!
Le bimbe no:
sorridono alla vita molto prima.
I capelli mi sono diventati azzurri, marezzati al bianco,
come la natura intima di una vecchia gitana,
come un formaggio lombardo di gorgonzola
una muffa profumata …
La mattina quando mi sveglio (se mi sveglio)
fioriscono nel cervello parodie di canzoncine famose o di stornelli…
ma di quelli proprio spinti!!
Di certo questo fatto non denota maturità
però forse significa che la vita, nell’ultimo tratto,
si involve come una chiocciola…
o le nebulose…
mica male!
A volte l’alone infrarosso della luce si scava un varco
attraverso l’intermittenza delle “veneziane”
ridonando il sapore delle scoperte infantili…
un bacio caldo amore!
sulle labbra ingentilite dal tramonto degli anni,
sfuggite pian piano allo sguardo invidioso delle divinità e della sete.
Per ora ci sono rimaste favole che si specchiano su pareti decorate
da affreschi a mosaico e da sogni pettinati sul fondo del mare
(tornati dal punto di fuga, come numi benigni)
o forse da storie arricciate dal vento
simili a nuvole amiche di un risveglio incompleto…
dimmi amore!
quando è stata l’alba del mondo?
E’ bello sciogliersi nelle fiabe, dilatato il cuore!
ché allora ti è dato vedere, per la prima volta,
la necessità dell’azzurro, il Cosmo percepito in acque ortogonali…
vieni amore,
cantiamo insieme la tenerezza che ci ha dato il tempo
e la nostalgia del primo arcobaleno
imminente sul mare!
Noi non andammo a letto per dormire
ma per un vano bisogno di interrompere i pensieri
che duravano filati come alcioni bianchi e superbi
e non smettevano di esistere da qui a lì
nell’azzurro sfacciato del cielo.
Così noi siamo schiavi
della continuità dell’esistenza.
Dopo tante stupidaggini posso tornare a scrivere
una poesia d’amore:
il taglio discendente di una palpebra, sul mistero dell’iride,
lo scatto impercettibile di un sopracciglio
e mi si è illuminata tutta l’anima.
Succede.
E inquieta.
La schiena gobbetta
i capelli allisciati dalla trascuratezza
le guance inconsapevoli del rischio e del risucchio dei baci di bava,
il collo tanto anonimo e venoso…
il resto non conta!
Eppure anche tu te ne andrai
non solo dai miei giorni e dalla vita
ma perfino dai ricordi
perché un branco di assassini ha stabilito
che non possiamo amare chi vogliamo
perché loro non lo sanno
che ogni bambino incurvato dal tempo
diventa un angelo di fuoco.
Voglio la fine delle stagioni
perché una grazia leggera riveste la luce della città
e la felicità porta a spasso l’amore e le tue gambe leggere
in fuga dal mondo banale.
Mettiamo in musica la nostalgia furente di una carezza
perché il passo del tempo non concede spazio alla melanconia
né alle parole inespresse.
Fra le mani c’è la gioia dolorosa di una festa futura
o forse presente inconsapevole.
Come è bella la Luna stasera!
sarà il suo compleanno!
Proviamo ad aprire la sfera dello Spazio per dialogare con la materia
incandescente
così rivivremo al di fuori del corpo, congelati dalla Bellezza.
Gli occhi sono bagnati dalla Luce di un sorriso
le mani accarezzano l’aria
uno sguardo monta i fotogrammi degli attimi
ma sotto sotto speriamo di rifugiarci nella ferita sonora
dell’Universo curvo e addormentato.
Le trombe urlano di bellezza
raccontano la storia della felicità
e come in un orgasmo antimaterico
il diapason di Vega.
Ho raccolto sette stelle
attorno al camposanto degli ippopotami
e le tavole dell’anima
si sono fatte azzurre
Passati i tuoi vent’anni
passato il tempo dell’insegnamento
adesso tu ci sei
forte rocca del desiderio
cresciuto rapido nel sole
come le foglie dei poeti antichi.
Dai culli della nonna
alle amiche chiacchierine
fino alle profezie,
quelle della canzone che ti allerta
perché papà sa tutto
anche quando sbaglia.
Dicono che si scrive di notte
ma cosa?
il certificato della propria esistenza?
O meglio, bisogna sorridere quando ci si sveglia
aprirsi alla mattina su tutto, ma proprio tutto quanto?
Solo sugli sterrati dei cantieri decennali
sui cani da caccia pezzati
sulle tracce narcisistiche di aerei che suonano ultrasuoni
sugli amori lenti per far uscire i sogni allo scoperto
sul parametro idrico che porta al domani
oppure, molto più semplicemente,
su un equivoco ventoso che si trasforma in nebbia
o nella midriasi delle pupille che fa tremare le cose
o sul corpo rilassato
che dice “grazie!” al semplice fatto di esistere?
Ho fatto un dopobarba di resina di pigne
e l’acqua di toletta con l’alloro.
Attaccatevi al cazzo petrolieri:
dalle boccette a spigoli tralucono
limpidi lùccioli di vetro e il ricordo di un odore:
quello del fazzoletto di papà che sapeva di tasca di giacca
legato a quattro nodi sulla testa
preso per asciugarmi il visetto di fiamma
per il sudore mio che ero bambino sotto il sole...
Se allargavi il respiro sul lato mancino
bòtti di tamburelle (ma quasi a cento metri, sai?)
con palle da tennis!
E ìndici noccoluti che battevano sull’elica degli aeroplanini
predestinati al volo circolare
(scoppiavano i motori di odori di benzina).
Poi genitori inutili e figli delinquenti
sbrecciavano i mosaici coperti di leoni e di imperi africani.
Invece certi atleti in canottiera facevano i podisti
ma più lontano: lungo le siepi del Lungotevere.
E io tornavo a casa che ero stanco
e mi guardavo avanti perché ero piccoletto
e non contavo gli anni.
Per purificarci ci vuole l’acqua
l’acqua è santa.
Quando abbiamo voglia di vino o di salato
bisogna bere l’acqua
così diventiamo più magri e più santi.
Certo, dedicare una poesia all’acqua...
A volte ho visto
sulle colline delle mie vacanze mentali
grovigli di frutta e bellezza da alture perverse
fanciullacce fiorite vertiginosamente
fino a rapirti l’anima di strappo.
E, sotto, una nebbia cattiva e tranquilla
saliva come un’osmosi probabile per troppa umidità
Così talvolta, confuso, gridavo:
“ il mare! ”
Io volevo dire che gli osti di una volta
per togliere l’arsura dell’esterno
buttavano bacili di acqua a sguazzo
sul piancito arrostito dal sole di Luglio
quel cazzo di Solleone
che fa arrabbiare gli invertebrati dello Spirito.
Insomma lo sciacquìo che ti allagava la polvere secca
e tante formiche tenaci.
Se verso sera poi arrivava Orlando, cantilenando,
(sinceramente) non glie ne fregava più niente a nessuno.
Tornando al pavimento
c’è che quando butti l’acqua
ti arrivano le vespe
e quello sordo, credendo che si tratti di rossi motorini da lontano,
cala la briscola,
ma quello illuminato non si punge
perché sa che quelle vespe
fanno parte dei vasi di fiori.
A volte mi sveglio all’alba
un’alba ritagliata dai bordi rosazzurri di tutto ciò che m’appare
poi torno nella mia conchiglia.
Sembra che fosse più bello allora, ma allora quando?
forse nell’anno dell’eclisse? o della cometa?
o negli anni segnati da stelle filanti sul nostro stupore infantile?
o sui campi abbandonati e ridondanti di campane ecclesiastiche al tramonto?
Poi divenimmo Assiri nelle notti insonni e implorammo l’alba del mondo.
Perché sempre tramonta la felicità?
Forse perché gli astri (lontani di anni luce in linea quasi retta)
non li possiamo percepire veri neanche dal capolinea della Luna?
O perché, personalmente, ho visto gli anelli di Saturno
senza che i miei occhi presentassero il passaporto a Dio?
Poi dice che la psiche non esiste!
Ma un sogno che ti uccide (come la mettiamo?) è colpevole?
O fanciulline sbiancate da droghe mortali
se non conoscerete gli sguardi severi dei padri
le mani forti appassionate di vene
le amiche chiacchierine, per innocenza,
dove andrete a perdervi?
In un vuoto contraffatto
dove solo il desiderio vi scatterà ancora
come un’ape sugli attimi appena fioriti?
Può darsi.
Oppure forse vi stropiccerete gli occhi nel risveglio della Prima Luce
quando sulla vostra fronte bianca e profumata
resterà impresso il mostro dagli occhi gialli!
Non sono gialli infatti i leoni, che infestano la notte quando sognano?
Ma poi tornerete nel giorno di sempre, alle vostre abitudini sciape
e poi taceranno di nuovo i tramonti
e ancora morranno allo scuro del sonno
e si appanneranno nel breve sorriso felino (per niente innocuo)
perché già sul presagio al mattino
sfreccia e saetta di Alichino il foco.
C’era una volta in mezzo alle bufere un cherubino alto
e alato di penne rosse e nere: quattro!
Perché la sua voce verificava
le coordinate della Notte
e teneva compagnia agli insonni
(ubriachi, barbari, assassini…)
Celebrava il tramonto, il buio, persino l’alba
sul colore ossidato delle stazioni ferroviarie
sui lucernari e sulle altane gialle, per ricordarci il nostro stile di vita.
E che dire del probabile connubio fra vampiri e gufi
alla ricerca del sogno di una cosa?
Apposta e per contrasto i pèschi bianchi annunciano l’Inverno
quelli di rosa la pre-Primavera:
e poi un canto umile a colori prepara l’igiene della mente.
Come i fiori ai davanzali dei quartieri dormitorio degli ospedali
delle palazzine martoriate dal tempo, dal passaggio della storia
dalle mani femminili, prevalentemente femminili: Donne.
(Sentito che cavolo di ribaltamento a metà poesia?!)
Si elevano fioretti a meraviglia
sulle groppe dei colli a solleone
e soffia la bisbiglia
di nonne decimate.
Fioriva ancora il tiglio
perché era Primavera la stagione
(tenevano consiglio
le femmine già usate)
schiacciatevi al cuore la musica - fischietti che ancora fischiate
se il caldo dolore dei broccoli - nell’anatra ancora sentite
slargate lo sguardo ad Urano: - le stelle si sono appuntite
avverto pensieri ordinarî
fatine svanite
Ci avete preso gusto? Noi non ci prendemmo gusto.
sentite un certo ritmo?
Noi ci trovammo un baratro davanti
che si allargava come un disegno infernale.
Dante lo disse a sillabe:
contava sempre uguale!
Insomma io se bevo due bicchieri
sono un ragazzo nobile e pure di rispetto
se poi ne bevo quattro imparo le addizioni (2+2)…
infatti una ventina di giorni fa
sono stato al Verano (che non ci si va mai)
e invece pure il cimitero ebraico
vedessi come è pieno di bianco e musco
sporco e musco
rettangoli bianchi, feritoie e musco
sotto cipressi giganti e cedri giganti e pini giganti
ma tanti che sembra che l’hanno piantati apposta
perché i morti sono morti da molto tempo.
Quanto avrei voglia di morire!
non per morire:
per smettere un attimo di starci.
Perfino i gatti sono diversi al Verano
cicciotti e tranquilli
quasi buddisti come in aspettativa.
Sgambettavano pure due bambine
con le gonnelle e il fratellino piccolo
il padre le cercava e le chiamava
ma che ti chiami in mezzo alle tombe ammucchiate?
perciò ho guardato il Sole che stava a più di Sud
per orientarmi, per tornare indietro
ché cominciava pure un venticello che non piaceva per niente
(io me ne intendo perché sono erudito)
e la fioraia già smaniava dall’esterno.
Certo, bisognerebbe imparare a perder tempo
ma poi che si fa? come andiamo oltre?
L’“oltre” è solo un’idea - e no che non si narra! -
Allora ti riacchiappano smanie di normalità
smanie moralizzanti
paura di guardare sotto lo stato cosciente
dove ininterrottamente si agitano ballerine olivastre, piccole e smunte,
che danzano per crudeltà canzoni futili fra stereofonici spazi persiani
o cancellate di ossimori emozionali
mentre l’astronomo babilonese
congela litanie sempreverdi sull’arcobalenante peso della vita
(scordandosi che anche i giardini orientali vennero ai ferri corti col vento).
Ma la musica del verso è un Poema della Luce
un volo compunto fra fumo e luci rosse
anzi, il punto di fuga del vento in cenere di petali.
Per questo la pensilina della nostalgia riprende a illuminare la vetrata onirica
proprio come l’estuario del mio amore bambino scivolò nel caldo corpo dell’Universo
facendomi fiorire l’anti-materia sulla pelle.
Perciò… chiudiamo il cielo! A dritta nostromo!
Il sogno è già passato.
Vinti dal vino
quante volte ci siamo immessi in mezzo alle pietruzze
come le viperette
e fra puzzette d’erba,
fra scarti abbandonati e viuzze di mondezza.
Però io volevo portare Assuntina
(questo era il bello!)
in un certo posticino
per sapere se sapeva di verdure
oppure di qualche altra novità! (sennò i bambini che ci stanno a fare?)
Qualche altro invoca il dio delle montagne
oppure si mortifica
perché (di solito) non ci si sventra
a un turbinio di bocci e di bambini
che allagano l’azzurro
e sfumano sul verde!
No?!
…e tu femminuccia nemmeno pensata
volevi farmi zitta zitta un bel buchetto
per scivolarci dentro e cucinarmi l’anima (il pranzo mi dicevi, svergognata!)
con due ciuffetti scemi già occhiati di azzurro!
Certo che ti ci avrei portata nel profumo dei capperi e le alici
per spandere antìdoti
fra il veleno dei tuoi anni così teneri di verde
come un aspide maschio!
Ma il verde sta male con l’azzurro
e quelle lievi occhiaie già accennate
a chi le raccontavo?
Al primario di un policlinico? a tua zia che emigrò in Argentina? a Toro Seduto?
Si sarebbe scatenato un putiferio di donne emancipate e avvizzite
preti televisivi, oranghi imprevisti.
Siccome queste cose già le so,
rimani dietro gli angoli
e torna ad albeggiarmi dentro il dentro
(ora che sulla soglia a sessant’anni
rossisco di pudore antelucano)
laddove già da piccoli pensammo
che lì ci fosse il centro del respiro
e la felicità.
Sui prati del silenzio aleggia
il fascino dolce e crudele di un’idea paranoide
e il vuoto dei tuoi ringraziamenti composti.
Senti freddo amico?
Hai già dimenticato quando cantavo melodie di vento
spente dall’ossidazione della locanda del desiderio
e che raccontavo di giornate memorabili nel neolitico africano?
Non lo sapevi che tutto passa e nulla importa
se non l’oscenità della vita
quando vibra di poesia inespressa fra oscurità profonde e luminose
o si trattiene fra mani impietrite?
Ora che certe pareti poco rispettose assaporano il dolore del tuo corpo
e l’acqua della luna disegna mura slabbrate sulla pelle dell’infinito,
la tristezza di parole cercate senza senso si irraggia sul niente
e forse ti torna in mente
come era bello abbandonarsi alla paura della Primavera.
Ma la bruciante comprensione del brillare nel marmo
vibra ancora come una saetta infissa sulla necessità dell’amore
e disegna una fertile ferita fra le tempie, facendo riaffiorare racconti inutili.
D’altra parte è difficile conservare la calma davanti alla bellezza!
ma tu pensa solo allo spessore di un bacio:
non intossicarti di verità!
Sia una farfalla il peso trasparente della tua vita,
soltanto dopo stendi il verbale
e che domani è un altro giorno non raccontarlo a nessuno.
Se devo essere sincero
i ricordi più belli sono i regali di quando era la Befana, a sei anni:
presempio la barchetta verde plastica
ma proprio semplice (solo lo scafo)
eppure quanto m’è rimasta impressa!
La fisarmonica a quattro bassi presempio
non era un’esagerazione, perché a due anni
mettevo già gli elastichetti gialli alle maniglie del’armadio, per suonare,
perché ero musicista
infatti mi piaceva quando mamma mi cantava
(china sul letto per farmi addormentare nella notte)
o gli inni protestanti o ninne nanne.
Dice “ma allora perché, alla tua età, stai scrivendo nuove poesie
oltretutto con questi cazzo di “Intermezzi” che non ci si capisce niente?
E poi a che servono?”
Ma l’ho detto: perché ero musicista!
Presempio quando spegnevano le porte e le luci dell’ospedale là dove stavamo
sentivo un rumore fisso sia acuto che profondo
chissà che era?
Tanto in quell’atmosfera, quello che facevi sbagliavi:
o entravi nelle stanze dei dottori (buie)
dopo il buio dei corridoî
e disfioravi attento le lenti e i stetoscopî
o raccoglievi le cicche schiacciate (che chissà chi se le era messe in bocca)
o facevi la scivolarella sull’elica nera del passamano
che scendeva dal primo piano del “Policlinico del Lavoro”
a piazza Gentile da Fabriano.
E mamma mi sbatteva il battipanni sul sedere
(tappeti non ne avevamo)
e papà che non credeva che potessi suonare la fisarmonica
perché vedeva solo le cicche spente che quella volta ho raccattato
(forse gli enfisemi degli adulti derivano dal ricordo di puzze infantili)
mi dava umiliazioni corporali nelle nicchie dei corridoî
perché la vita lo aveva amareggiato o perché a quei tempi si usava così
o forse perché aveva smesso
di suonare il clarinetto.
Nella luce salutata dallo specchio
cado dal mio corpo in un club di marionette
sul missaggio fra sangue e raddoppio dell’encefalo
mentre la pioggia sottile fa presagire il volo di una stella soffiata
come una principessa sfuggita dalla rivoluzione
e infiorata in un sonetto scritto bene.
Anche gli aironi hanno gli orologi ossidati dai terminali del sogno
come la superficie verticale di un dolore elettronico o di una facciata barocca,
ma quando strapazzano le ingenuità dell’anima
fanno male come monsoni apatici.
Lo so che la diserzione dalla vita è un gesto fertile
dettato dal compasso del tempo
e che il bianco della pazienza terrorizza i computer
come un tintinnare di consonanti su labbra morbide;
anche perché il nostro inconscio ormai è ammobiliato
e sulla vetrata preraffaellita della sincerità
è da un bel pezzo che si è stagliato un delirio patetico
(d’altra parte si tratta di un pretesto
per sopportare le dissolvenze della Bellezza
che invece sembrava indelebilmente impressa
nella midriasi pupillare come un compleanno della materia
o un presepio della cosmesi).
Ma se anticipi l’alba perfino la latteria è chiusa
e questo ti ferisce
perché tu eri un bambino che odorava di talco
e era bello contare i giorni
allora
per autorizzarsi a vivere prima della carie del tempo!
Invece adesso le lacrime fanno sciopero
e le notti, puntigliose a torturarti, ti negano anche l’immaginazione
di marine schiarite dai gabbiani
perché le aurore sono stregate da sogni
che fuggono senza neanche salutare
(anche quando lasciano un sapore dolce, come di depressioni longobarde).
A che ci appoggeremo dunque?
A brusii di amanite velenose? Alla scia profumata di una suora giovane?
Alla trincea di una retroguardia che fugge?
O forse ammetteremo che abbiamo crocefisso i sogni della Filosofia
in bisogni di incoerenza perché la ragione non coglie il “fuggente”?
Altro che la Musa stanca di coralli!
Io, fra tante memorie ornamentali, sono bruciato di consapevolezza:
sono come un vecchio, salvato da ragazzini tra un frullato di gratificazioni:
Altro che incendiato da bellezza di monasteri!
Perché la ferrovia termina dove ci stanno i panni stesi,
dove gli zingari felici ignorano i barboni
e la sala d’attesa è la metafora del vuoto della vita degli altri.
E anche perché conosco il testamento dei tossicomani
e non ho paura della Luce (casomai del soqquadro).
Mamma dammi il Sole nel viaggio della notte-vita!
perché pareti inarcate disegnano campi di forze
lager ospedalieri, cliniche illusorie, danni di Ippocrate da Gesù cristo a noi!
E anche l’effervescenza non è di grande aiuto
se non ci si confessa almeno una volta all’anno
allo sguardo di chi ancora ce la fa
a leggere i poeti e chi li move.
È come se uno
a forza di guardare cumuli nembi e cirri
dicesse che gli è venuta la cirrosi!
sono tutte stronzate: il vizio esiste al di sopra del mondo degli uomini.
Tu facci caso:
se ti svegli indulgente con te stesso
tutti i cretini che incontri sembrano giustificabili
e sembra che pure platani e piccioni e marciapiedi sbrecciati
facciano da complice cornice,
ma se l’umore è cattivo tutto il mondo pare che lo sappia
da quando s’è impicciata la vestaglia sulla maniglia del bagno
appena che eri sveglio.
Dunque le cose ci vedono?
pare proprio di sì!
Apposta se facciamo qualche cosetta vietata
dobbiamo stare attenti, anche da grandi:
perché l’Eterno è lento a punire!
Anche tutti gli amici più vivi
ci hanno lasciato poco o sono morti
pieni di Luce, spezzati nella Luce
altroché!
E noi, sbrillati oltre i conti della resa,
ci attestiamo su soluzioni diverse per convenienza o dignità:
uno lavora
uno lavora e fatica
uno obbedisce alla moglie
uno alle apparenze
uno “adora” Verlaine perché non ha letto lo pseudo-Dionigi
l’altro si decide per la melatonina...
non era meglio se ci davano il potere
e mandavano a fare in culo quelli del TG con l’erre moscia
o i dipendenti dell’ATAC che scioperano?
così la smettevamo di scrivere poesie!
La tentazione di comporre il “reale” in coordinate accettabili
viene sconfitta da un ventaglio di armonie insospettate
infatti le linee di forza delle emozioni non vanno represse
ma vissute fino in fondo, senza masochismo
però anche senza rinunce.
Può mai ferire a morte la bellezza?
Oppure ci prende di sorpresa nel compasso della noia
come in un sogno monocromatico di rosa
rassicurati da abitudini protettive?
Ma squilla la Luce sull’acqua
liquido luminoso
in riflessi arcobalenanti di vetrate al tramonto
anche se la porosità di un vecchio muro di cinta
racconta una memoria di cose
e la prassi dei sentimenti
e la dialettica della materia.
Capelli giallo timido,
per occhi due coriandoli di cielo
proprio come non piace a me.
Eppure hai germogliato, pupazzetta,
e neanche al primo tiepido d’Aprile
ma al gelo di Gennaio
al ghiaccio della merla
come una primula feroce.
All’uomo ingenuo potresti apparire
una piccante diavoletta
invece sei una sciocchina qualsiasi
banale come il verso precedente
e il primo delinquente
che ti afferrerà il fianco sinistro
gli puzzeranno pure un poco i calzini.
Meno male che ci sono gli amanti della matematica!
i romani non avevano lo zero
noi invece sì: l’abbiamo perfino definito,
come non essere euforici?
Però chissà per quale motivo, proprio adesso
mi è rivenuta in mente un’immagine come di un sogno, rosa e giallo,
provatevi a pensarci: un ambiente tutto rosa e giallo:
le pareti, le tende damascate e pesanti, i pupazzetti soprammobili,
i tappeti dolciastri
una bamboletta cicciottella bionda, perché è giallo,
e il vestitino rosa perche è tutto rosa e giallo!
Acciderbolina!
sono sicuro che anche i matematici hanno fatto questo sogno
solo che non lo dicono e fanno bene perché non serve a niente.
I sogni non servono a niente
le poesie non servono a niente
e i tempi non cambiano: non è che prima era meglio di adesso
prima di meglio c’erano solo gli ambienti, non i discorsi;
le pergole, non le bestemmie.
Qui mi fermo perché ho riletto la poesia
e questo non si deve fare: quando l’hai riletta è finita.
Una polluzione di metafore
racconta di Persefone, del prato di Sicilia.
Guardiamo!
C’è un ansimare d’aria, una ristampa di bellezza
cosa dovremmo chiudere?
il cielo sopra a lei? (che perse la primavera e fu Primavera?)
le carotidi di Ades? (o il suo scettro che aperse la Terra?)
la soffiata di Aretusa (che fu amata come un’onda?)
o dovremmo accontentarci
in un’apoteosi normalissima
del cigno bianco che forse presagiva
le chicche melagrane
della “Regina dell’eterno pianto”?
Capirai, della poesia si mettono a parlare
proprio i più impredisposti:
primi i professori di lettere
poi quelli che se ne sono accorti a un certo punto
perfino le donne!
e organizzano pure concorsi a premi
perché hanno fatto le “riscoperte”:
Rilke e Lorca
che manco sanno pronunciarli di seguito
e Rimbaud “che ha smesso a vent’anni!!”.
Brutte teste di cazzo
ma perché non vi leggete Isaia
e poi vedete dove ve lo ficcate Rimbaud!
Profetico non vuol dire che predici, ma che parli bene.
Di chi parli bene però?
Gli esseri sono tutti inconsapevoli:
genitrici inconsapevoli, badanti inconsapevoli
perfino nonne inconsapevoli (i nonni manco li nomino, poveracci)
di che si profetizza dunque?
Forse di un arco
una superficie distesa contro un arco
un muro disegnato nell’aria tremante
il cielo che attende e sorride.
Tremano anche le parole
come un acquario tranquillo
dove galleggiano confidenze inespresse
o labbra morbide di burro di cacao
colorate di nostalgie interiori, di grazia imbronciata,
mentre l’aria si brucia d’amore.
Una carezza schiarisce l’aria
nella prospettiva a destra, delirante di bellezza
(ecco perché non si ricordano le poesie del Novecento:
perché non sono orecchiabili!)
Se i soliti piedini bianchi non poggiano per terra
come può la contentezza portare a spasso l’amore?
Le carezze infatti, si sa,
sono rattrappite, non tanto per tempo,
quanto per scontrosa tenerezza.
Ma il fatto è che le cose
hanno una facciata scivolosa e plastificata
che non concede spazio alla malinconia
perché gli scherzi veri non si rivivono
e le vere feste sono atemporali.
Poco più che ventenne
mi misi con una bella donna americana
e ero contento parecchio
perché la mia vita aveva avuto una svolta
era evidente.
Quello che non avevo considerato
era che le mignotte non venissero solo da Frosinone
e quando glie lo feci notare lei mi mandò a fare in culo.
Allora mi resi conto che la mia giovinezza
era finita.
Be’ certo Dio lo debbo ringraziare
perché mi ha fatto sorvolare i racconti sacri non come Lilith o Budda
bensì nel senso che mi ha svettato sull’imbecillità
più di un arcangelo.
Mica perché Lucifero è stupido o brutto (ci mancherebbe!):
ma perché il Bene è più insidioso del Male!
Apposta gli uomini sono mediamente idioti:
per proteggersi dagli strali della Bellezza, dell’Intelligenza e della Matematica
e il brutto è che non tutto segue da tale consapevolezza:
a volte una banalità tecnica cambia la percezione del mondo
e quindi l’etica che ne dipende (tipo lo STEREO che è meglio del MONO).
Però la poesia si intitolava “Nomi Divini”
quindi sono andato fuori-tema.
Allora perché continuo a mettere in musica (cioè nella Luce) i suoni delle parole?
perché valgono per tutti!
Se io dico “Confiteor unum baptisma”
questo non c’entra niente col battesimo.
Chiunque sa che i viaggi non si fanno cambiando luogo
bensì chiudendo gli occhi!
e mi si perdoni:
ero andato in bagno a vomitare cellule striate di nero
nonostante abbia smesso di fumare più di cinque anni fa.
Ora dovrei illustrare un altro paio di concetti
ma, grazie a Dio, me li sono dimenticati.
L’acquario due ore fa
non ha resistito alla pressione dell’immaginario
è scoppiato come una primavera barocca abbracciata ai ricordi!
Però non c’è bisogno di scuse:
mi piace raccontare favole al vento
sorridere ai fiori
guardare le cose senza vederle (qualche volta)
narrare raccontini preonirici, entusiasmi fraudolenti
lettere mai arrivate, cartoline italiane, vittorie rimandate.
Ma dove è finita la mappa dei naviganti?
La membrana del timpano
deve essere percossa dalle onde.
Andiamo dunque al camposanto a sentire le onde dei morti
a vedere i colori dei morti:
il bianco, il verde,
il bianco increspato, il verde scurocipressino
il giallo secco, lo stuono violetto del tramonto.
Non chiudete il cancello al cimitero!!
io debbo percepire ancora!
è l’unica visione che mi piace
(non che mi piace: è che mi sembra seria.)
Alzo il volume al requiem delle anime
che stanno bene
non volano, non fuocano
stanno
sono essenze stanche e beate
perché stanno!
Guardiamole
per imparare a stare zitti
“tibi silentium laus”
state zitti
stiamo zitti.
Perché Poesia e Filosofia fanno rima?
Perché la maggior parte della vita del’uomo
è una bella stronzata!
infatti l’Infanzia e la Vecchiaia
sono gli unici periodi nobili e degni
perché non si lavora
e dunque si è animali seri.
Il lungo periodo di mezzo è per
ambiziosi, ipercinetici, deficienti
non vale neanche la pena di parlarne.
Invece la Fanciullezza è fatta per impressionarsi
e conoscere il mondo dei sogni belli
come “volare”
o, da svegli, provare vertigini come “prendere uno schiaffo”
o “percepire una bella bambina”
o “annusare le pagine di un giornaletto fresco di stampa”.
Senza contare la sensazione del marmo travertino
duro poroso e bianco, con i suoi ragnetti rossi
che evidentemente sono passati di moda
perché chi l’ha visti più? e dunque chi li conosce?
(e soprattutto chi se li era inventati? Mussolini allo Stadio dei Marmi?)
Senza contare in sovrappiù
il verde aguzzo dell’Albero di Natale e i lampetìi timidi delle candeline gialle
lo scroscio di profumo di pulito nei polmoni delle lenzuola al sole
(perché c’erano donne vere)
il peso dell’autorità paterna
(che era quasi tutto sbagliato, ma non importa)
il profumo assiomatico della varechina
(che è il profumo più assiomatico del mondo)
e il disgusto sniffato per gli amichetti scuri puzzolenti
attaccati periodicamente da malattie volgari
(soprattutto sulla pelle per fartele vedere).
Invece nel cortile lo avvertivi
lo struscio silenzioso del mantello verde-zebrato di una micetta
che i suoi tantàvoli graffiavano i pieduzzi a Nefertiti!
Dipoi viene la puzza dell’adolescenza
con le ascelle, i pedicelli, gli aliti infernali
e le rare ninfe promesse, che appena sbocciate
sfioriscono nella normalità.
A questo punto il Padreterno ha fatto il buio
per renderci difficile il vedere
quel che succederà nella vecchiaia (per chi ci arriva).
Invece è proprio lì che si spalancano le stelle
che certo che c’erano anche prima!
ma chi lo sapeva che avevano quei nomi arabeggianti?
Shedir, Algol, Mirphak, Rigel, Denebola...
Ecco perché si scrive anche ciò che ti danneggia:
infatti esiste pure la tarantola, che non sarà innocente,
ma è bella e balla in Puglia.
Insegno queste cose ai miei scolari
e un paffutello mi interrompe:
“Lo sa quello che dice nonno mio? che il vino è sacro!”
Lo dico pure io!
Ma poi sento una crisi di coscienza:
sempre sto cazzo de vino!
Buona notte amore, ciao papà, non ti arrabbiare mamma,
non ferirmi Luce della notte
ho cancellato le pareti dei sogni
infatti comprendo non solo i miei ma tutti i sogni
a volte li seguo nel sotterraneo adorando la loro ambigua forza
a volte li leggo nella tachicardia del risveglio per fissarli sulla stanza
alle cinque, all’ora della corrida.
Quale carie del tempo?
Io li ho crocifissi i sogni
sennò a Carnevale che fanno? si mettono la maschera?
E voi lo state capendo
che sono costretto dal ritmo del silenzio
ad alternare parole e sottili sorrisi?
Quante sciocchezze dico!
Una sera davanti al solito camino di notte d’estate
coi soliti ciocchi di cerro (che chissà se è vero)
e manco un amico
ho smesso di leggere “I Tre Moschettieri”
e ho evocato Sammael, l’angelo della morte,
ma non per giocarci a scacchi
come avrebbe pensato uno scandinavo:
per chiedergli se aveva rimbalzato fra le stelle
prima di essere percepito dagli uomini.
Lui mi ha chiesto come stavano i miei conoscenti
soprattutto quelli a cui ero antipatico
e allora son venute le farfalle
polverose e marroncine
come se niente fosse!
Gli ho chiesto tante quante ali avesse
e lui mi cita la morte di un Salmo:
“Beato chi sbatterà i tuoi lattanti sulle rocce!”
“I lattanti di chi?” chiedo io.
Ti pare che rispondeva?!
Dopo il primo bicchiere di vino
mi innamorai di un corpicino qualsiasi
perché ero piccolo pure io.
Il suo debole sangue sulle labbra, sulle guance,
mi avrebbe inebriato come mosto zuccherino.
Ho alzato una mano
e il Cielo e la Terra si sono accartocciati
per proteggere la mia emozione.
I vecchi mi guardavano sorridendo.
Vieni! scendi sull’erba del mio giardino
piccola vergine lunare (dissi)
giochiamo a costruire idoli d’argento
senza irritare Artemide
perché lei (solo Lei) conosce la Luce e le Tenebre.
Disegnamoci il cielo dell’anima di azzurre stelline
(perché tutti sentiamo paura del buio
o perlomeno ce l’abbiamo avuta)
E’ una notte troppo speciale per sprecarla in un sonno senza riposo.
L’oscurità fetale della stanza balla una specie di tango fra sorrisi e mancamenti
e l’ambizione di poesia fra le mani (ombra dell’ombra)
entrerà domani in manicomio, vestita di nulla, per una depilazione mentale.
Ma intanto devo imparare a usare gli errori come gradini
perché io non so nulla
so solo che a Maggio mi iscriverò alla vita
e seguirò il dettato dei sogni
tanto la Morte di notte non esiste.
L’esistenza poi non ha senso nemmeno troncarla:
non credo che percepire alberi circonflessi sulle infermiere del nosocomio
o il fatto di sedermi sull’angolo della letteratura
disturbi più nessuno!
Intanto la Notte allude a ombre, a ombre di ombre,
ma l’encefalo s’apre a domani, al risveglio nel Sole-regalo,
a quando andrò a sedermi su una nube
con ancora sulle labbra la dolcezza del vino
attraverso una ferita dell’alba.
Non so se mi sono spiegato:
il muratore mura
il coso coseggia ecc...
ma il soggiorno della Bellezza è nudo
perché quelli belli fisicamente da giovani
anziché porsi problemi etici
vanno in televisione a fare proprio quello che non dovrebbero fare:
dare da lontano un’immagine vicina.
E quando il tempo, cioè l’allusione all’Eterno,
li piegherà su cose tipo la ricetta dei “bucatini alla carbonara”
o, peggio, rivolgersi al CAF per la dichiarazione dei redditi
quali pensierini alluvioneranno la loro mente?
quelli della maestra delle Elementari?
Gli piacerebbe!
Allora io che ho rotto una “Camel” del 2009
e ne sto masticando il tabacco perché ho smesso di fumare cosa sarei?
Un imbecille?
E no, cari miei, io sono un poeta
anzi, sono poeta.
Chi me l’ha detto?
Chi me l’ha detto??
Ma chi cazzo ve lo ha detto a voi che potevate “avere delle opinioni”
pronunciare parole sbagliate che manco sapete che traducono!
Avevate il corpo: un regalo!
bello anche se storpio, anoressico, devastato,
e che ne avete fatto?
Io che sono teologo lo so
Ma a voi chi ve lo spiega?
I laureati in Fisica dell’era volgare?
Non l’avete letto che
“l’Eterno solleva i mari e fa muggire le onde”?
“Riveste i cieli di nero e dà loro un cilicio per coperta”?
che “Guai a chi maledice il Padre perché ha dato la vita”?
che “Cantate cieli perché l’Eterno ha generato!”?
Un contadino di quelli che sanno tutto loro
con la sua camicia bianca perché era un dì di festa
giocò il fante sotto un re, proprio mentre imbruniva
e due cuccioli con gli sguardi disegnati credevano di amarsi.
Io, siccome stavo fuggendo dentro un segreto,
cominciai ad affittare macerie alla notte
ma non fosse mai stato!
Le Erinni, sentendosi ingannate, sputarono una furia tribale
su chiese alluvionali e repertori allusivi al buon senso
bestemmiando effemeridi scorrette, accecando luci violette,
però nascondendo, brutte stronze,
le labbra azzannate dal desiderio.
E pensare che c’è ancora chi descrive
depressioni ammobiliate e poi stuprate da strane ventate di vento
o, peggio, poesie inesperte
tuffate nel vino per riaffiorare nel lucido acquario
del delta pedagogico delle ossessioni
per tamponare lampi e streghe violentate dal bianco!
Quando invece perfino le strade sono preda dell’alcol
e il viso d’acciaio del poeta fissa sul calamaio
l’alba di un profilo di fanciullezza
sentendo il tamburo che rulla nel niente
e assaggia l’altezza del dolore, il vuoto alle parole.
Per questo le Erinni sfumano:
perché creature leggere e malate disegnano sulle fessure dell’anima
la dolcezza di esistere, l’afasia dell’assenza, il sonno leggero dei papaveri, le vesti ventilate.
Per questo le Erinni perdonano:
perché conoscono l’ingenuità del mare
e l’onda che lascia gli amanti come due volastrucci
abbandonati alla savana degli attimi.
Per questo…perché sono stanche
e domani è il primo Maggio.
“Destatevi ubriachi e piangete!
urlate voi tutti, bevitori di vino
perché il mosto v’è tolto di bocca!”
Chi l’ha detto?
ma che importa chi l’ha detto?
Magari un profeta
o la direttrice del reparto alcologico!
Quello che conta è che la carne piange (come scrissi).
Ma se tossisci all’ospedale
o peggio se tossisce tuo figlio
o peggio la tua scelta d’amore
(a cui fiammeggiando abbagliavi le ombre)
che senti?
le pieghe irritate del polmone sinistro?
la nausea che ti scivola come un’anguilla assonnata fra il duodeno e il centro della vita?
i lividi a destra del cuore? gli avambracci innocenti?
i gomiti gonfi per feedback da trauma
(perché sei scivolato da ubriaco su una pisciata lucida)?
o un semplice enfisema?
Allora spiegate ai tipetti svegli
che io (come diceva quello) mentre dormo, lavoro
(non per loro, ma per le loro mogli
che, inquanto evolute, hanno le orecchie aguzze)
E tu senti un “blup!” nel cuore non per quello che ho scritto
bensì:
per i giorni di Febbraio, le mimose in anticipo
i fioretti dei pruni che durano poco, le alunne anti-igieniche...
Ma che sarebbe allora?
La sublime indifferenza del cosmo difronte alle sciagure umane?
No, è il rammarico per quelli che hanno sprecato la loro vita.
E sono cavoli loro
perché il verme che li consumerà da morti, non morrà!
Bacio stanco il tuo alito dormiente,
sorgente vetrosa di idiozie cristallizzate fra la tua bocca e le mie narici,
variando il dettato dell’amore alle arterie bilingui.
Tanto il tennis onirico, come al solito, verrà risepolto:
ciao Fiorella alla moda!
ciao Finnide, fata venèrea,
ciao Saffo papavero!
ciao piccole silhouettes in ellissi logiche…
ma perdio parlate statue, svegliatevi! Non l’avete avvertito?
L’Universo detta il sonno leggero alle galassie!
e tu scànsati nube errabonda
voglio un contorno di luce,
come di chi giace nel corpo intriso dell’amaro sorriso del passato.
Quando, sul lungomare, lievi creature andate a male per amore
sfinate da masturbazioni intense e livide accarezzavano
(coi polpastrelli ancora umidi) orecchini opalescenti a poco prezzo
dietro saracinesche abbassate, come casalinghe nere di rabbia.
E tu piccoletta, succhiata dal verde gitano,
intessevi intermezzi per artisti perplessi in un crepitìo vorace di istinti
ma intanto la polvere dello sterrato
disegnava polvere a buon mercato.
La Messa è finita,
andate alla partita.
Certo che io ci ho una tendenza lirica... che non mi passa!
D’altra parte avendo fatto il Liceo Classico sono giustificato.
A proposito, lo sapete che significa “lirico” in senso “artistico”?
Che meno sei stato con gli altri e più sei lirico.
Però quello che mi piace quando scrivo questi “Poemi” necessari
non è il permettermi la “non lucidità” che (per dire)
1) non puoi essere matematico
2) non puoi giocare a scacchi
3) perfino non puoi stendere la Musica e neanche la Libertà
Quello che penso è che “la gente, l’altra gente sta dormendo...”
e che la Ragione genera solo mostriciattoli anodini.
Un letterato esperto obietterebbe:
“ma allora la sua poesia non è lirica...è didascalica
anzi forse pretende di sottendere una gnome!”
Io vorrei sottendere cose diverse,
ma torniamo a noi.
Quello che mi elettrizza (se proprio la vogliamo dir tutta)
è che mentre Salvatore discute delle aiuole del giardino
insieme col portiere, e fanno un bel casino
mentre la profumiera fa “pi-piiii!” col clacson al garzone in doppia fila
e una signora vecchia (giovane da puttana)
allunga gli occhi ben oltre i sui piedi e il suo barboncino,
io mi preoccupo di fare un’esegesi inappuntabile
sui testi e sulla musica di Stefano Trabalza
non tanto per amore, quanto per grandezza (non tutta consapevole).
Mi godo la sua anima e la mia, che ha percepito questa cantilena:
“Pozzanghera d’amore...zebra alla griglia...la vita a larghi sorsi...”
Amare ti dovrebbero i ragazzi (caro Stefano)
per le parole e i canti
ché dolce canti e sai dolci parole.
Dai cataloghi dell’insonnia e dal Cantico dei Cantici
ho estratto una libellula atea per scagliare la prima pietra
e anche per sapere
se i pinguini vanno in pigiama nella notte
o scrutano in tralice lo sguardo
dove giacciono i giocattoli mummificati dal torpore infantile (presagi di sventure)
o l’araba fenice del tuo corpo che invecchia senza scartavetrarti le cellule:
cartoline minimali dove appoggi il peso dell’esistenza.
Gli altri del Novecento, abbrustoliti dagli orologi a cucù,
dalle gomme combuste in olocausti piucchenazisti
(compagnia di attori morti, tachimetri fermi come registratori di cassa)
provano ad alitare il mio nome su un corpo astrale
come illusioni vendute in farmacia
perché la mente pretende disorientamenti ambientali
e il Principe Azzurro balla con la controfigura di Biancaneve,
ignaro dei destini del suo regno.
Ma lo spettacolo della vita (si sa!) è solo una macerazione di attimi:
la dolce vita è altrove!
Qualcuno dice: “in una comunicazione asemantica”
qualche altro: “in un balletto di punti di vista!”
mentre la realtà è che gli occhiali sono l’unico oggetto utile di bigiotteria impropria.
Poi certo quelli che si sentono fichi
raccontano vasi di terracotta in estinzione caucasica
perché annaspano fra le trame di un restauro esistenziale,
ma il periscopio della mente vola sempre sullo scialle andaluso
cioè sulla fenomenologia della disubbidienza e allora noi,
come diceva il mio amichetto,
di realtà ne facciamo un’altra, semplicemente salendo su un altro autobus (sporco).
Perché? Perché essendo tossicomani della non astinenza
e avendo imparato sul pallottoliere la carezza dell’intelligenza
viviamo, mentre la lavatrice ottusa allaga la casa
e l’aspirapolvere difettoso vomita polvere a caso.
Chicco, lo sai perché si chiamano così
questi Poemi: quelli “della Luce”?
bambino protetto e quindi spento
adolescente dannoso al novanta per cento
ultraventenne inutile, che è da mo che hai scoperto la “Ferrari”
adulto, che invece di sapere che esistono i Castelli Romani
giochi a picchetto
epifenomeno iridescente dell’idiozia
con le tue sopracciglia unite, da sindacalista pugliese,
e le tue battute idiote da dopolavoro fascista anni trenta
lo sai perché?
Forse temi la risposta:
“perché al mondo è vero che c’è l’aristocrazia dello Spirito”
è proprio così:
ma perché ti lamenti?
Ti abbiamo dato Pitagora!
e tua moglie, non dovendo più lavare panni né stoviglie
e manco culi di bambini
ha più tempo per emanciparsi
e dimostrare la sua vera natura. Non sei contento?
Testa di broccolo,
perché non insegni a tuo figlio a sgobbare per il padrone
così non richiede l’otto per mille sul Rio delle Amazzoni
dove giustamente i bambini si drogano
non tanto per paura dell’Anaconda
(che la maggior parte del giorno sta per cazzi suoi)
quanto per evitare i preti che sono monocromatici (anche se il nero è elegante)
e poi perché drogandosi si sfrecciano di più da qualsiasi stupratore.
Tua figlia manco te lo dico
perché le donne (grazie a dio) sono passate di moda.
Quando i bambini sono stati istruiti da piccoli
ti accavallano anche sulla memoria, per ovvie ragioni:
tu senti un fischio al cuore e ti preoccupi
Silvia sente il colore delle iris
tu scambi i tuoi polmoni per l’esofago (il bruciore intendo)
Fabio si perde in due occhi evidenti.
E non gli importa niente a loro
della cavalletta a stecca gigante
dell’umido dell’aria nuvolosa e grigia
delle macchie di sangue sull’anima e sui bracci
perché?
Perché non conoscono l’effetto doppler
di una sirena su una làmina d’acciaio
(o anche di latta, ma il suono sarebbe più volgare)
e l’allarme del pànico,
ché apposta gli uomini si sono sempre ubriacati
ci mancherebbe!
Ma allora noi cosa dovremmo fare?
Una delle idee più intriganti che mi sono venute ultimamente
è stata quella di comprare il baccalà
la sera di Giovedì
piuttosto che di Venere al mattino
per vedere se risultava maggiormente al dente addentandolo.
Siccome sono certo che qualcuno alla mia età
si è fidanzato con qualche video di “youporn”
l’idea del baccalà mi è sembrata meno banale
e non è detto che, a fine pasto, le banane ci stiano male.
Sono disposto ad ammettere
che la mia eventuale vecchiaia non sarà all’insegna della sobrietà
ma in vecchiaia non si può continuare a pensare
alla gerarchia degli organi di Menenio Agrippa.
Poi certo, se schioppassi d’infarto sarebbe meglio!
La via Lattea non è più imminente sul mare
una cantilena liceale mi scandisce il tempo nelle orecchie
“udor esti” (taletiana umidità).
Col mio impermeabile bianco e spazientito
mi faccio luce fra la gente, guasto di sapori infantili,
poi torno a casa ma non mi asciugo i capelli:
mi metto a sonnecchiare una fanciulla che perde l’equilibrio
cade a terra e sviene, per sempre.
Divinità assetate! Chi mi berrà le labbra?
chi canterà dei panni appena stesi sui fili della Luce?
i cimiteri secchi o le galassie in fiamme
(visto che son io, pavoncelle, che remo forte a bocca socchiusa!)?
o non sarà la mia Finnide
che è timida al livello già del mare?
Nell’acquamarina dello sguardo d’Afrodite,
laggiù mi porto il battito dei suoi cigli,
non perché si lasci penetrare dal segreto della scrittura
ma perché i miei segreti sono tutti nei suoi occhi.
perché è bagnata da acque lustrali
perché è sacerdotessa dell’Essere.
Zitto, chè finalmente l’ho capito
perché gli Ebrei, che sono intelligenti,
gli è presa tanto brutta con l’adulterio:
quando già solo pensi a ciò che non è tua moglie,
quella che le hai giurato “unica carne”
se t’allontani da lei,
è una bestemmia perché è “altro”!
Non che non sia più bello. Anzi!
Però se t’allontani dalla cerva della tua giovinezza
non tradisci una fanciulla
bensì l’essenza della fanciullezza
e questo è un peccato atroce. Lo sai come si chiama?
Idolatria.
Ecco perché nel Vecchio Testamento
rompono tanto con l’idolatria:
perché il culto delle opere d’uomo
(di legno o d’argento, di Astarte o di Baal)
e i pensieri dominanti dell’uomo (salute, fama, superbia)
semplicemente non sono per l’ “Eterno”
Quindi è grave l’adulterio
non per via del tradimento
ma perché è idolatria
e se non capisci questo
tutto quanto ti va storto
qualche secolo più tardi
pur Bacone se ne è accorto.
È arrivata la “senectus”
per carità...che Dio mi benedica
perché l’anima s’è fatta tutta a buchi: un colombario!
infittiscono i morti:
quelli freschi e giovani
distratti da sciocchezze che non avevo avvertito (per loro sfortuna)
o altri più maturi che gli doveva capitare
perché l’Invidia è un malocchio solo apparentemente incontrollato
in realtà risponde al secondo principio della termodinamica
e io era chiaro che non morivo da solo
non per complicità con Raffaele
ma perché “come si sono permessi!”?
Non lo sapevano che dall’odore di polvere stantia di un poliambulatorio
si ergeva il soffietto nobile di un anima verde
come la fichetta di Peter Pan
che non c’entrava niente col resto
anzi che mi credevo che ero nato da altri genitori
perchè pure sull’autobus ero più alto negli anni sessanta
e mio padre si evidenziava solo da ubriaco?
Perdonami papà,
lo so che non avevi tutti i torti
e infatti se ti sogno
ci sono solo immagini, senza parole.
Non è come con le femmine (o madri o figlie o il resto della razza)
che forse qualcuna t’ha amato
ma la ricordi con piacere solo perché è sparita presto.
Il sudore è una commozione epidermica:
non guardate la Luna, poveri impredisposti,
coordinate gli sguardi
ballate per pura crudeltà, penetrati dalla nomenclatura del “reale”
finché la Luce vi faccia cadere dal corpo.
Perché voi lo sapete, vigliacchi,
che l’atlante dei sogni frequenta le caserme e le chiese.
Stendete allora il verbale dell’esistenza: il teatrino è chiuso!
Solo gli dei, d’accordo, leggono in cielo la marmellata del sangue
come se fosse una vera rosa, un’ansia insulinica.
Invece io sono una sirena della Fobia
una proiezione trigonometrica
che ha provato a mettere in musica il senso della vita
con intuizioni autorizzate.
Insomma, che cavolo!
se uno non si fa un goccetto, tanto per ritrovare dove era nato,
(dove era nato davvero,
sotto il muro grigio-antracite dei palazzi tiburtini
e il suono di tromba anni ’50)
allora non si scrive più!...
Però forse è vero:
basta farsi un graffio all’anima
(o, più realisticamente, interrompere la dieta alcolica con una scusa accettabile)
e tutto si risana!...
Perché non mi son dato da fare
per vivere in un quartiere nobile di Roma?
(che, per dire, a Genova o a Torino manco sanno di che parli
perche sono democratici?)
Perché nei rioni del centro non bisogna abitare,
primo perché è pericoloso,
poi perché tanto se scendi e riscendi da casa, t’abitui,
allora è meglio la “Borgata Finocchio”
che perlomeno coltivi l’orticello come Coriolano.
E, a essere sinceri,
abitare nei rioni storici è pure burino
perché ci comprano casa i figli dei cafoni ai loro figli.
Insomma in questi rioni non bisogna abitarci, ma andarci
né con la macchina che è da cretini
né con la bicicletta che è da idioti comunisti
bensì col tram, anche se ti impone fischi moderni.
Tantopiù che se guardi di sbieco avvampi sempre sulla bretella
scaduta dall’osso di una spalluccia ossuta (e malcapitata sul mezzo pubblico)
o sulle zingare che semplicemente puzzano
ma per te è puzza gitana, perché tu sei un poeta!
Infatti la poesia vera è solo un profumo di tanti anni fa
quando vedevi come era fatto il mondo:
colori, certo, suoni imprevisti, vuoti improvvisi al cuore...
ma soprattutto odori,
da quelli maschi e idrocarburi alla Stazione
alle foglie pallide e malate dei pioppi alcolizzati e tremuli
fino ai catrami, alle nafte, o ai copertoni (che immortalai)
sui prati adiacenti di via Prenestina.
E il profumo dei panni puliti
che però sanno un po’ di chiuso di valigia quando la apri
perché sei arrivato nel bel posto
dove mamma e papà ti hanno mandato in colonia
con l’ “Esercito della Salvezza” o addirittura coi cattolici
così la pioggia delle Dolomiti ti sciacqua l’anima (e gli odori)...
Certo, semplice non è!
Come è bella la luna stasera:
le zanzare festeggiano in volo il suo compleanno
e ne aprono la sfera
per dialogare con la materia incandescente.
Anche noi delle volte viviamo fuori dal corpo
congelati di bellezza
perché gli occhi sono bagnati dalla luce del sorriso
le mani accarezzano l’aria
e uno sguardo ingloba e monta i fotogrammi degli attimi.
Però bisogna uscire dal film
dalla ubriaca turbolenza dei sogni
perché i sogni non sono un circolo vizioso
ma la tangente dell’infinito
e nuotano in un acquario curvo di felicità documentabile
fino al diapason di Alderamin
in un orgasmo invernale e illogico.
O odiosa amata poesia
che esigi la mancia per far uscire i versi
fino alle fontane immobilizzate in un parametro idrico
fino a domani!
Intanto il tremito delle pupille fa tremare la visione delle cose
annullando qualsiasi lontananza.
Se piove ad Agosto piove mosto
ma l’acqua non è buona per i ceci...
io dovevo andare al mare...
e invece a me che m’importa, tanto ciò la figlia malata,
così con la scusa mi rileggo “un libro”...
San Francesco già sapeva queste cose, infatti scrisse
“Laudato sie mi’ Signore per onne tempo...”
Il fatto è che il Sole può aiutare un insetto insignificante
con la capoccetta fra gli aghi di un abete di neve in Canadà,
che chi lo conosce?
ma può anche dare il senso della misura a uno scorpione giallo del deserto
o far fumare l’umido
su prati di fanciulle cicciotte, infuocate le guance.
Però la sua potenza divina è un’altra:
un marinaio apprezza il Sole al tramonto o al mattino
perché, più innocuo, gli si evidenzia all’orizzonte
ma gli Alpini cantano un inno che dice: “Signore delle Cime”
quindi hanno una visione vericale.
Insetti, ulcere, marinai...
è inquietante pensare
che sia il medesimo corpo celeste a incombere
su tante piccole cose.
Provate allora a andare sul Campidoglio
allagando lo sguardo sui Fori fino al Colosseo...
vi verrà in mente:
questa è la clorofilla di Catone e di Adriano!
chi se ne frega della schiavitù, se splende pure lei
sulle facciate bianche degli archi di trionfo
(e poi lo schiavo, da piccolo,
era succube di uomini importanti
da grande si sceglieva una schiavetta che la notte chissà che le faceva,
mangiava cose sane e mezzi litri,
moriva ancora giovane in bocca dei leoni
che vuoi di più?)
Leopardi se ne accorse la sera al dì di festa
Orazio lo vedeva come un carme secolare: “alme Sol...”!
ecco perché ha provato a impazzire il Duce!
Quando le mie dita diventano raggi di Luce
leggo la dolcezza dei tuoi silenzi
mia piccola Finnide
e mi ricordo dell’apprendistato
per anestetizzare la vita e il suo sapore.
I musei franano
le strade sono vuote
vuoti i mercati
la memoria di un paradiso dissolto simula una percezione ansiosa.
C’è sempre un angolo del mondo che ci sfugge
c’è sempre un mestiere maldestro con le sue piccole magie inutili
sulla nostra imponente biblioteca
censurata dagli inquisitori alle tre di notte (l’ora dei vigliacchi)
c’è sempre la violenza dell’angoscia
per cancellare la memoria della bellezza.
Che devo fare di più?
succhiati mille asparagi d’aceto
non ho pisciato nausee, neppure spigatelle
per non far torto al barman di Centocelle.
Ridatemi Pina!
c’era una negra autentica
tranquilla nella sua supremazia
difronte a trenta gradi in faccia a un rumeno
di anni diciassette
che gi uscivano i lampi non solo dai barbari occhi azzuri
ma anche dagli incisivi frontali.
E io consideravo un’esserina
che pensava al suo culo rassegnato
anziché al Padreterno
che le aveva ficcato due occhi neri nella faccia rotondella
che l’avresti ammazzata di baci!
Però siccome questo non si può dire, che ho fatto?
Ho ripreso il tram
e sono entrato in un buchetto in via Bresadola
che dice che il baccalà buono cell’hanno solo loro
e ho discettato col proprietario sugli stoccafissi norvegesi.
Nei giorni prossimi invece vado in armeria
a comprare il fucile o la pistola a pallini
per sparare alle grosse tope abruzzesi
che gli faccio capire che aria tira
non tanto perché il mio male non sia realistico
quanto perché
il mio diagnosta morrà prima di me per insufficienza poetica
e anche perché porto iella a chi non mi vuole bene.
Ora, quanto tutto questo possa essere poetico lo lascio a voi
coglioni esperti
Amico mio,
vuoi dedicarti a coltivare la tua passione per tutto ciò che è venerabile
sul monte delle analogie?
Così ci sediamo su una nuvola
leggera come una parola senza assistenza semantica
e abbracciamo con forza il mondo
prima che sia troppo tardi.
Mia nonna Florinda è morta
come una civetta sul giardino dell’infanzia
mio padre è morto
dopo (o per) avermi insegnato
nomi sbagliati di insetti comuni.
Per questo ho paura di Novembre e della carta bianca:
anche i documenti esistenziali non sono pronti.
Ma che felicità desiderare,
avere bisogni incompiuti,
entrare in chiese vuote
come chi non va a messa ma vede angeli stinti sui muri.
Oddio, è vero anche che la fragilità a volte dà forza
ma la scanzione del tempo promette solo primavere effimere.
Non c’è bisogno di pianificare il nulla
e la notte non prevede divagazioni:
solo una nuvola lenta di angeli vendicatori
e una stagione barocca legata ai ricordi
che ha vomitato, come in una pioggia astenica,
il sorridere ai fiori, il raccontare favole al vento,
il guardare le cose senza vederle.
Siccome...
no, non è che uno non ci ha niente da fare
è che essendosi che ormai dal quattro Luglio mi riposo
(oddio, bisogna vedere se me lo concede la concubina del picchio muratore
che manco Angelo se ne era accorto
e invece quella cantava sull’antenna di Marcello
tanto quello
ha pure sbattuto un bastone per terra
così la cinciallegra se ne è andata)
dicevo...
fra una cosa e l’altra
mi sono ventilato le palle con il palmo della mano
fra i buchetti dei calzoni
non solo per interrompere il tappeto psichedelico dei Racconti di Puskin
quanto per evitare pensieri nittilucenti.
Ma guarda un po’ che mi tocca rivalutare i cani!
ieri che stavo al parco di un quartiere burino
addosso alla rete c’era un bambino
con la faccetta d’un bambino bello
(col nonno alle sue spalle che sorrideva)
e muoveva di qua e di là con le manine
un pallone bianco e nero
e dall’altra parte
c’era un cagnetto (un cagnolino piccolo)
che gli seguiva il moto delle mani
il moto del pallone qua e là
perché era piccolo pure lui
e sorrideva quasi più del bambino
perché erano bambini tutti e due
e chissà quanto gli durerà
questo bel ricordo.......
Perché non si fa mai un elenco di cose come queste:
bische clandestine
pasticcerie profumate
ville abbandonate
donne accoglienti
entusiasmi fraudolenti?
E poi
se riesco a cancellare le pareti dei sogni
perché non dovrei essere io a inventare i loro capricci?
Discutiamone!
È possibile il dialogo con i sogni?
A volte li seguo nel sotterraneo adorando la loro ambigua forza
a volte li rileggo nella tachicardia del risveglio
a volte li crocifiggo per alleviarne la stereofonia
tanto anche il loro garage è stato sabotato.
Non c’è più luce nella città:
“ma non sai che m’hanno detto a scuola?
le stelle sono spente, la luce ancora c’è!”
Infatti non so come addormentarmi
la mia stanza è invasa da un’eco di Luce
che aggredisce senza riposo i sogni senza sonno
e la mia vergogna afasica.
Apposta ti abbraccio, amore mio,
ma perché non mi aiuti a sparire dentro l’armadio
sotto il tavolo o giù dalla finestra?
tanto mica è vero!
Insonnolìtosi al bianco della luna
Ermanno rientrò a casa
salì le scale, e in camera da letto
non abbassò le tapparelle (come di giusto, se le avesse avute)
perché alla grande finestra verde
aveva invece gli scuri, già accostati,
e da una fessura sottile e perfetta
brillava uno spigolo d’Orsa Maggiore.
Serpenti dentro il letto non ce ne erano
né scorpioni agli angoletti della stanza
dunque poteva rannicchiarsi sotto la tiepida e fedele carezza
della coperta fatta a mano dalla mamma
coprendo l’orecchio
per non sentire l’alito dei morti.
Chissà chi avrebbe incontrato nella puntata di stanotte
ma non importava
tanto i sogni è sempre la solita pappa.
Non riuscì neanche a immaginare
situazioni erotiche piccanti o scivolose.
Gli venne in mente solo la verbena
che assomiglia a una certa gramigna
e qualche faccia ignota che sfiorava, volando veloce,
l’osso temporale del cranio.
Dopo un’oretta
si alzò per la pipì e un goccetto d’acqua,
Dubhe non c’era più.
Domani all’alba fra le cinque e mezzo
il cinguettio dei passeri sarà più forte della tua legge morale
ma non dei malanni che vendicano
ogni attimo di felicità.
Buonanotte Ermanno e buon riposo...
Chi dai cataloghi dell’insonnia
ha estratto la libellula fosforescente del teorema di Gödel
scagli la prima pietra sulla teoria lacaniana del terzo escluso.
Abbiamo già intuito che i pinguini vanno in giro in pigiama di notte
ma non che fanno l’occhiolino agli orologi a cucù delle farmacie
che vendono illusioni
mentre l’ecologia della mente pretende disorientamenti ambientali
e un balletto di punti di vista descrive la circolarità del reale
come in un restauro dell’esistenza
o nel rotocalco magnetico della memoria.
Dice: “ma qui si disubbidisce alla fenomenologia!”
E allora noi di realtà facciamone un’altra
impariamo la carezza dell’intelligenza
anche di quella artificiale
perché l’enoteca (come la latteria) sarà pure chiusa
ma perfino il Cherubino superbo a volte morde in rabbiosa allegria
per vivere su un foglio di poesia!
Io che non ce l'avrei fatta neanche a uscire per prendermi le sigarette
tanto non fumo più
(che è il sistema migliore per farsi venire il cancro ai polmoni
perché è come -eh, medicuzzi?- come la perla dell'ostrica...)
quella scriccioletta di mia moglie che la notte potrei sfrantumarla d'amore col braccio potente
non m'ha dato retta sull'autostrada:
non è voluta uscire sull'uscita a via Togliatti
anche se ci avevo il batticuore che a noi poeti ci capita quando stiamo a quarantadue all'ora in posti che non ce ne frega un cazzo
e stiamo andando perché ci dobbiamo andare.
Al bar dell'ospedale mi sono munito di un potente ansiolitico:
un barattolo di birra Peroni!
Si capisce che, riprendendo il raccordo, era meglio
perché forse tornavo a casa
ma invece di riosservare a lato certa vite canadese
cresciuta rossa e di sbieco su un contrafforte democristiano
(visto che era Novembre)
ho visto figure di luce debole e azzurrina
fatte di lineette
che luminavano piano e regolari.
Altro che panico!! Mi son ricordato di un sogno che...sembrava da bambino:
c'erano immagini nel cielo, nero per la notte,
che erano disegni di macchinari semoventi
ma non proprio astronavi:
potevano essere cose apparentemente innocue
ma in verità erano macchinari di guerra
di una guerra finale che non ci potevi fare niente
perché queste immagini invadevano il cielo:
appena ne perdevi di vista una
l'altra arrivava, fatta sempre di lineette di luce azzurrina
finché
quando sembrava che il Dio degli Eserciti ti stesse donando una pausa
è arrivata una portaerei di luce celeste e cattiva
che invadeva più di metà del cielo
e tu non sapevi dove scappare dall'autostrada
per scacciare questa figura potente
che sembrava un'occupazione vera del cielo,
del nostro cielo
quello di cui mentivamo,
raccontandolo di stelle alle piselline dell'amore
quando eravamo scoperti
e non avremmo sospettato che il semplice ricordo
ci avrebbe fatto piangere.
Poco prima di casa, dopo cinque o sei incidenti,
ho visto la corsia opposta carica di macchine
e ho detto alla mia piccola mogliettina:
(anche per ostentare una ripresa, che tanto a noi chi ci ammazza?)
"Ma questi fanno così tutte le sere?
Stanno fermi sulla strada e invece di capire che sono cretini
fumano, telefonano, ascoltano la radio, esistono!?
Scusami amore se hai sposato un poeta!
Io già sono stato scusato da Seraphim!"
E’ morta la mia alunna Vanessa
una che forse non sapeva la farfalla.
Arrancano i caimani:
le mamme ancora intense
sul ferro dell'amore,
le donne abbarbicate ad uno stelo
di sicurezza.
E che ne sanno loro
...........
delle galline chiotte
tranquille sotto il vortice stellare?
Cos'altro ti racconterò, Fiorella?
Perché t'ho letto i lirici?
La tua cultura scema
è vedova di spasimi
...........
sono un amante fragile:
conosco la frescura dei ginocchi
(meglio se ossuti e poveri)
le figlie dei bidelli e le fioraie
che odorano di luci semprevergini...
Non te ne vai più rondinella
coi lividi al fondo degli occhi.
Domenica,
non è tempo di rinunce
c'è un caldo che giustifica
pensieri forti e classici.
Infatti noci e pioppi stanno fermi
le rose fisse
e dai rondoni sibila
lo strillo aperto
per la malinconia violetta dei tramonti,
ma i frulli di farfalla nella notte
come li scrolleremo?
Soltanto un gran bicchiere
fresco di ghiaccio e vino limonato
permette la ripresa della mente.
Qualcuno ci ha feriti:
"quattro animaluzzi"
"atomo del male"...
C'è chi si è rifugiato su un'amaca,
chi ci ha fortificati:
"Non muovere le membra!"
(Leonida di Taranto
sul cellulare a Emily Dikinson).
E noi chi siamo?
Ci sono morti i padri, l'entusiasmo, il...
chi ci è morto?
Ma un bel giorno ce ne andremo.
Il profumo di mentuccia
sulle montagne
ci rinnoverà il respiro,
il cardo dei piani verdi
la solitudine.
Poi solo i nostri nomi,
e di notte
ci avvolgerà una nuvola
di luce-sonno.
............
Uomo!
Che tu sia medico o massaia
non rompere il fiorire al bucaneve:
anche il buddista insorgerebbe
...........
come le renne intrepide
o gli orsi addormentati
e solipsisti.
I parapetti dell'anima
non sono valicabili
e chi l'ha fatto non è più tornato.
Padre mio, padre mio!
Il padre mio non è il mio vecchio padre,
ma sono io bambino:
son io che mi ho insegnato
son io che mi ho latrato.
In una notte sterile
ma sapida di vino
s'allunga la speranza di un progetto:
domani all'alba
andiamo a caccia!
(abbiamo le doppiette e le cartucce).
Il fuoco saggio crepita davanti,
nel cielo una valanga di stelline
ci guardano stupite,
e, trepidi, a dormire.
Ci sveglia il cippiccìo degli uccellini
dal sonno di due ore
e la "realtà" ci impone un mal di testa
fragile e sopportabile.
Già pronti gli stivali verde-oliva
la maglia di lana che pizzica
e (perché no?")
un po' di grappa nella bottiglietta.
Infatti il vento ha già sconvolto il cielo:
nuvole terribili
hanno imbiancato tutto
di fiocchi innocenti di neve.
L'amico mi fischia da lontano, nel cuore,
"Andiamo!".
Quali uccelli ci sono nel verno?
I salici le querce e i pioppi neri
oltraggiano la nebbia a rami nudi,
ma noi siamo ragazzi
dobbiamo andare avanti.
Un merlo ci svola da destra...
non eravamo pronti!
E intanto le cornacchie da sinistra
volteggiano superbe.
Avanti!
Dal settimo cielo si allenta una nebbia cattiva
che abbraccia tutto,
non ci su vede più!
Ci orizzontiamo con i pali elettrici
vicini alla stazione
ma, dove giri gli occhi, vedi neve.
Ci siamo persi nel bianco.
La fretta in cuore muove gli stivali
e poi...cazzo, la grappa!
Ma dopo un quarto d'ora
ci siamo riperduti.
Il finale a che serve?
...........
e poi si accende splendida
la piazza agli stranieri
e c'è una chiesa gotica
che illumina sugli occhi disperati
dei musicisti lividi di panico celeste.
...........
O farfalline
farfalline belle
morte di mal di testa
per il volo irrazionale!
I passeri normali e cicciottelli
che cantano alle cinque
dal muro e sotto il tetto
di una chiesa protestante
sembravano comuni.
Già dallo scorso anno
due passere o due piccoli, impiccati,
pendevano nascosti
dalle grondaie di scarico
come per incidente.
Ma il cane ululava da lupo mannaro
e una quaglia ingabbiata
nitriva di terrore.
Nuvole d'api
confondevano le immagini fino a notte
quando le pipistrelle
si affacciano ai piccioni.
Perfino il padreterno
mandava i temporali dell'avviso
e solo gli zucchini sembravano eccitarsi,
orfani del perdono delle lucciole.
Allora mi illumino:
i maledetti passeri volanti
erano diventati sacerdoti
di messe nere!
E quando l'ho capito
Baal Zebub
mi ha ricoperto di mosche monachelle.
...........
non vedi Valentina?
Questa pianta si chiama "vitalba"!
Come faccio a ficcartela nel cuore?
...........
Infatti Antonietta ci cascò
e dopo aver divelto
le buste degli avanzi
si fece trasportare nel pantano
dell'immondizia psichica di un letto
che non sapeva di niente
perché non era il mio.
Oh, come la trafissi...
E' morto papà
il tetto è svanito
e le finestrelle degli angeli
lontane punzecchiano a notte.
Adesso son io che dovrei
coprirmi la schiena di coppi
ma come si fa
se quando mio figlio mi abbraccia
reclino la testa
come un ciclamino?
...........
Accanto a quelle vacche rassegnate
come se già sapessero la morte
saltellano contente
le loro figliolette
vedove di futuro.
...........
e invece non importi
perché è la sola luce dell'eterno
a farci miscredenti e ancor più soli.
Soli.
Cazzo, quanto siamo soli!
..........
...........
No, no, state fermi! Rimanete stretti!
Perché l'amore non è nient'altro
che rimanere fermi
e stare stretti.
Oh!
Quando vado in pensione che faccio?
Coltivo l'orto come un dromedario?
Sprofondo la cantina?
Ricordo ai miei compari indelicati
l'ordine dei lavori?
No!
Compro una cerbottana anni cinquanta
da Roma capitale
e faccio i cartoccetti con lo spillo
per ficcare in testa ai topi
una crisi da panico.
Dice: "Vabbe', ma allora la poesia
parla di tutto!"
Bó!
Io so che le poesie
le hanno strafilacciate in mille modi
però chi ce le ha date
senza ingannare
le ha fatte solo al grano
o al succo dell'olivo e della vite.
...........
Pensate a un uomo umbratile:
se si chiamasse Fiore
e si addormisse all'ombra di una pergola
gli occhi di acciaio nero addolcirebbero
le nocche delle mani da fucina,
i muscoli senili all'avambraccio,
il bel pomo d'Adamo...
Per Bacco, questo sì sarebbe un uomo!
...........
la lumaca umida e viscida
dell'anima,
quando le sue dita mancine
crocchiavano l'appretto insudiciato
del vestitino a quadri di cotone
a una bambina secca
più sporca che abbronzata...
...........
Però la morte vera, vera tenaglia al collo,
è un bimbo pappamollo
che appende le manine
ai bracci della mamma e del papà
.............
solo le fanciulle se ne vanno:
una muore, una sbaglia...
se ne vanno.
Ma dove vanno questi grandi amori,
che se il foglio non finisse
non finirei di dire
di cosa sono stato innamorato!
L'acufene è un fischio sinistro
che senti all'orecchio tinnito,
ma se io sento l'orecchio
che sente l'orecchio per me?
L'orecchio mi dovrebbe far sentire
e invece io sento
l'orecchio che sente
e che mi fa sentire l'orecchio?
L'acufene!
Cioè l'orecchio mi fischia,
ma perché? mi disapprova?
Io che gli ho voluto tanto bene
quasi come a quell'altro!
D'altra parte anche gli anni si allungano
si ammalano di cancro
e strappano dal capo
solo capelli neri:
quelli della poesia.
...........
Quando ti senti addosso una leonessa
e ti rintani nel verde della paura
sei giustificato:
sono i tuoi sensi che sprofondano nel mare
come piccole isole timide...
Quando il moscerino si ficca
fra i peli della narice
a chi dà più fastidio
al romantico o all'illuminista?
...........
...........
Le formiche di giorno si scontrano,
il tacchino ha i suoi difetti,
ma anche le stelle, di notte, sbadigliano...
Io non sono stato a Napoli
ma non importa
tanto la città sta racchiusa nei film.
Invece nei dintorni c'è una strada
(quella sì importante)
con le curve scavate segando le colline
di cui non s'accorge nessuno...
Nelle mie costruzioni notturne
io che non guido per paura di ucciderci
ho una bella moto compatta
verde metallizzato.
Qualche volta ci faccio le strade normali
coi segnali e coi sottopassaggi
dove suonano sempre l'effetto doppler.
Allora mi chiedo:
"perché io certe volte prendo l'autobus?"
Forse per fare incontri stravaganti,
forse per appoggiarmi agli appositi sostegni.
Ma quando torno ad essere
un bambino coraggioso
con la mia motocicletta verde
sfreccio sulla discesa che precipita
fino al piazzale delle "Belle Arti"
perché è un capolinea elegante.
...........
Un giorno mi insegnò
come si corre su una bicicletta rossa:
lui mi teneva da dietro il sellino
ma poi sullo spiano
lasciò solo solo
il mio corpicino
con la vertigine dell'equilibrio.
che corsa che hai fatto papà!
Gli asini quando è Ottobre
hanno grandi occhioni buoni.
Quanto mi mancano gli asini!
Teste piatte e infrangibili,
ciglia avvezze alle zampane,
colli rassicuranti,
schiene flesse e inflessibili
coi sottopancia acidi al profumo
della solenne monta sulle cavalle nobili,
incoscienti del raglio fratto.
...........
Cercavi di affacciarti dai finestrini delle ritirate
e la faccia di sudore veniva investita
dal vento a vampate,
dal rumore dell'acciaio
e ogni tanto irrompeva un'idea profumata
di nespoli e marmi inodori...
...........
Da qui pare si formino
ragne di stradine inviperite.
Dall'altra parte, dalla parte destra,
ancora non mi sono avventurato
perché ci sento un freno mitologico
e io non sono Ulisse!
E' tornata la neve
nel retrocasa dei nonni.
Sentiamo già freddo
sui fossi ricoperti
e neve e neve e nero e bianco e neve.
La prima neve si può sporcare
nelle pozze tranquille
o sotto le peste di un bambino
seppur leggero
brillando di tanti colori.
Ma l'Inverno che è un pittore cherubino
la usa da sfondo algido
formando due livelli di realtà:
in basso i passerotti sempre allegri
e i voli svelti
dai rami alla tettoia,
in alto una passata indecifrabile
di grifoni montani enormi e lenti.
..........
ma tu pensa che cambio di programma e di atmosfera:
sono fuggito
senza neanche ansimare
e ho preso di petto una collina languida
trafitta dalle ceppe madri di una vigna bassa...
Di campi santi ce ne sono tanti
ma il camposanto è uno solo.
Profuma davvero di morte e di fiori,
di piccole erbette
su pietre ruvide e bucate
dove i lucertolini scattano.
Oltre il cancello nero
di ferro freddo anche sotto il bel sole d'Aprile,
ci sta una chiesetta
fuori bianca folgoreggiante
dentro lucida di tombe.
Una piccola Madonna la tranquillizza.
Ma arriva la sera
e l'inquietudine:
i cipressi diventano gotici
e le piccole statue
stropicciano il muschio dagli occhi.
...........
Gli esperti per esempio già lo sanno
che anche questi "Notturni"
non sono racconti di sogni:
sono fantasie piene di speranze innocenti,
cresime di fanciulle nel tempo della muta,
da guardare in controluce.
Prima di andare a letto
preparerò le cose tutte a posto
per farle ritrovare domattina:
la caffettiera intrepida, le tazze,
i cucchiaini per la marmellata
e le violette morbide
della pre-primavera.
Una sprimacciata al cuscino
e poi giù
a sperare che le immagini stanotte
riportino nel cuore
un po' di vita vera.