Questo scritto non sarà mai concluso perché, dato l’argomento, ovviamente necessita di aggiornamenti continui, no?
Dando per scontato che le uniche persone importanti al mondo sono gli artisti veri e gli scienziati veri (se non si è d’accordo è inutile continuare a leggere quel che segue), precisiamo che la Filosofia (cioè l’interesse per la saggezza) è il “Super Io” indispensabile per ogni attività decorosa di qualsiasi essere umano, perché si riferisce non tanto alla cultura o all’intelligenza che a molti (di giusto) difettano, quanto alla saggezza appunto, come spero di dimostrare.
Cominciamo allora col dire che i tre spicchi più importanti della Filosofia sono:
1) Gnoseologia
vale a dire: “Teoria della Conoscenza”. Cioè, come facciamo noi a conoscere le cose che ci stanno intorno? E che significa “conoscere”? Questo spicchio è ostico perché richiede grande lucidità mentale, grande intelligenza, predisposizione a intendere concetti logico- matematici e capacità di afferrare definizioni complesse o (peggio) semplici, dal punto di vista del linguaggio e della semantica in genere.
Stando così le cose, mi ritiro subito dall’argomento perché so di non avere tali caratteristiche
2) Etica
cioè: che dobbiamo fare finché esistiamo?
E’ il motivo che mi ha spinto a scrivere questo manualetto
3) Teologia
Chi non è né artista né scienziato o ha problemi mentali o psichici o semplicemente non usa in maniera onesta il suo intelletto, tende a diventare credente. Che vuol dire “credente” infatti? Le cose o sono o non sono!
Goethe scrisse: “ Ogni pensiero importante è già stato pensato; l’unica cosa che si può fare è ripensarlo”. Un’altra cosa che si può tentare è un nuovo assemblaggio di pensieri già pensati, ma sinceramente immagino che anche gli assemblaggi interessanti siano esauriti.
Sembrerebbe allora più ragionevole rileggere qualcosa di filosofia o visitare discipline scientifiche serie, o scrivere poesie o magari dipingere; ma non è così perché, per capire considerazioni filosofiche apprezzabili bisogna non essere cretini , per occuparsi di scienza bisogna invece essere intelligenti e per produrre arte è necessario esser nati con un dono.
Questo piccolo manuale è stato ideato e scritto senza troppo ordine e sistematicità per i seguenti tre motivi: 1) Perché, a parte la inevitabile ammirazione per l’architettura dei loro sistemi, mi permetto però di non avere totale rispetto intellettuale né per Aristotele né per Tommaso né per Hegel (giustificherò il perché). 2) Per pigrizia, che è virtù e non vizio, infatti un uomo iperattivo lava i panni, un uomo pigro inventa la lavatrice. 3) Per potermi permettere qualche stravaganza concettuale anche quando non scrivo poesie ed entrare eventualmente in contraddizione con me stesso divertendomi a giustificarmi.
Ci tengo a precisare che, essendo stato battezzato da bambino in una chiesa protestante, tratterò frequentemente argomenti teologici (o comunque attinenti la religione) perché, pur non essendo credente, mi piacciono e ne ho adeguata cognizione da tempo, a differenza di certi giornalisti o uomini di scienza che hanno scoperto l’acqua calda l’altro ieri sera (e si sente!).
Lo scritto è chiaramente rivolto al consesso degli intelligenti, ma alcuni passi si rivolgono anche a persone che abbiano fatto almeno la quinta elementare, cioè che sappiano leggere scrivere e far di conto; il limite della scuola dell’obbligo insomma, come dovrebbe essere, perché chi non è predisposto allo studio è meglio che non studi.
La stessa parola “Filosofia” infatti sembra un termine difficile, riservato a signori, intellettuali, aristocratici e a tutti gli altri brutti cattivi. Invece ha un’origine semplicissima: deriva dal greco “filo” che significa “amore, interesse” e “sofia” che significa prima di tutto “abilità, buon senso” e poi “sapienza, saggezza”.
Un dentista una volta mi disse (con un sorriso tristemente identificabile): “la filosofia è quella cosa con la quale o senza la quale tutto rimane tale e quale!”. Il povero uomo evidentemente non sapeva che Marx sia tuttora considerato un filosofo.
Pensiamo allora ai gatti, che neanche gli animalisti sono riusciti a farmi diventare antipatici: non sono né troppo grandi né troppo piccoli, dormono quasi due terzi della loro vita nei posti più comodi, giocano di notte (cioè quando è più fresco e oltretutto ci vedono), si rivelano in alcune circostanze molto più intelligenti dei loro presunti padroni, ma non solo! Pur non andando in palestra, se c’è da saltare saltano, se c’è da correre corrono, se c’è da cavare gli occhi a un cane imprudente glie li cavano. Però non sono dei perfetti filosofi perché, per loro fortuna, non pensano (se non per immagini, dal momento che non parlano).
La parola infatti, e quindi la capacità di astrazione (cioé capire che cosa significhi il simbolo astratto “x”), è proprio il discrimine fra gli esseri umani e gli altri animali.
Sembrerebbe una grossa fortuna: qualcuno di noi ha scritto la “Divina Commedia”, individuato con una certa esattezza il moto dei pianeti, concepito il computer ecc... solo perché parliamo e quindi pensiamo. Abbiamo inventato la ruota, il vino, la bussola, la stampa, facciamo l’amore in tutte le stagioni e siamo gli unici a sapere di dover morire, solo perché pensiamo, cioè abbiamo le parole (chiaro no? Se per es. non conoscessimo la parola “morte”, come faremmo a sapere di dover morire?).
C’è però il rovescio della medaglia: noi ci ammaliamo di malattie di cui altri animali non si ammalano; inoltre di certe malattie, mi ha assicurato un medico stravagante ma serio, che si ammalino soltanto gli studenti di medicina…perché? Forse per lo stesso motivo per cui nessun rinoceronte ha bisogno dello psicanalista.
Le parole infatti non si limitano a descrivere la realtà, ma si dice che possano anche crearla e/o condizionarla: pensiamo all’ipnosi, alla propaganda nei regimi totalitari o all’inizio del Vangelo di Giovanni: “In principio era la Parola, e la Parola era con Dio, e la Parola era Dio; ogni cosa è stata fatta per mezzo di Lei” (tenete presente che in italiano la parola “Parola” significa quasi nulla, quella latina “Verbum” poco più, e che solo il greco “Logos” significa non solo “parola” ma anche “pensiero”). Peraltro la “parola”, oltre a significare qualcosa, non è soltanto scritta è anche un suono.
Leggiamo nella Genesi: “ Dio disse: sia la luce, e la luce fu”. Ma perché “disse”? perché non c’è scritto (molto più semplicemente) “Dio creò la luce?”. (naturalmente quando ci facciamo domande del genere non dobbiamo mai dimenticare che stiamo facendo pura accademia o meglio che ci stiamo divertendo a farla. Perché chi(?) avrebbe assistito alla creazione e avrebbe udito Dio pronunciare quelle parole per poi raccontarcelo all’inizio della Genesi? o peggio, in quale lingua Dio avrebbe pronunciato quelle parole?)
Il “Big Bang” non è un concetto religioso, ma anche “bang” è un suono! Perché tutto ciò che esiste sarebbe stato “creato da” o quantomeno accompagnato da un suono? Quel simpatico pazzo del m° Pellegrino Ernetti (e qualcun altro qualche migliaio di anni prima) ci ha suggerito che “Dio”, concepito come Onda-Vibrazione fondamentale (Tonos), Tonica o Primo Grado della scala musicale insomma, sia un’idea meno bislacca di quanto si potrebbe sospettare; si sa infatti che qualsiasi corpo vibrante genera una piramide di armonici infinita (sempre la stessa!). E allora il “creato” non sarebbe altro che la piramide armonica del “Suono-Dio”, ma in questo caso Dio non avrebbe creato ciò che esiste attraverso il suono, bensì, semplicemente “esistendo” egli stesso (“Io sono colui che è!”) sarebbe la piramide stessa. In questo caso altro che pippe mentali come il “panteismo” o il “panenteismo” o cose un po’ più serie come l’ “animismo”: si tratterebbe semplicemente di percepire il “sacro” in tutto ciò che esiste per il semplice fatto che esiste. Oppure fregarsene, che è meno divertente, ma più onesto.
Però siamo sinceri: per quale motivo le “cose” dovrebbero esistere? perché ci sono? visto che è molto più comodo non esistere, come dimostreremo in seguito (nel settore “Etica”)?
Oddio, è anche vero che il puro e semplice fatto di porsi tali domande, in un certo senso, è confortante, perché quantomeno ci fa comprendere perché qualche furbacchione (soprattutto cattolico) abbia concepito certe “stranezze” concettuali come:
“IL PECCATO”: che sarebbe allora, dal punto di vista della fisica acustica, semplicemente una nota stonata, che non rientra cioè nella piramide armonica (tale argomento però in realtà è debole, perché la definizione di “nota stonata” non ha senso nell’ambito della infinità degli armonici).
“IL CORPO MISTICO DEL CRISTO”: la sopravvalutazione della vita del singolo individuo umano (a prescindere dalla sua qualità), l’orrore per l’aborto, il divieto degli anticoncezionali…diventerebbe tutto logico: non credo che molti fedeli cattolici sappiano che la pura e semplice esistenza di sofferentissime suore di clausura venga interpretata teologicamente come uno spontaneo “anticorpo” a devianze comportamentali da parte di altri individui anche in tutt’altre parti del mondo. Si dovrebbe cioè rimediare a una “stonatura” ricreando l’equilibrio perché i due fenomeni, apparentemente indipendenti, farebbero in realtà parte della “piramide armonica”, cioè del “corpo mistico del Cristo”!
“IL MATRIMONIO”: se per “sacramento” si intende qualcosa istituita dal Cristo (come il Battesimo e l’Eucarestia) allora il matrimonio non è un sacramento. Gesù infatti, su questo tema, si è limitato a osservare maliziosamente (visto che i farisei gli ricordavano “l’atto di divorzio” istituito da Mosé) che siccome “nel principio” Dio creò l’uomo “maschio e femmina” non si capisce che voglia dire “dividerli”. Però i catechisti cattolici si basano con serietà su questa argomentazione per presentare (ai loro ascoltatori malcapitati e sprovveduti, in quanto non conoscitori della Bibbia) il matrimonio, appunto, come un sacramento. Per gli Ebrei sicuramente si trattava di qualcosa di diverso, altrimenti come mai Abrahamo, per salvarsi la vita, avrebbe offerto sua moglie Sara prima a Faraone poi ad Abimelec, spacciandola per sua sorella? Come mai David si macchiò di adulterio con Bath Sheba e Salomone ebbe ben settecento mogli e trecento concubine?
Ma torniamo al problemaccio dell’esistenza delle cose. Anche ammesso che Dio sia un’onda sonora e dunque creatrice (o la realtà stessa), quest’onda da dove verrebbe? Tornano alla mente argomenti come quello della “Prima Causa”, ma chi ha dimestichezza con la filosofia sa che tutti i tentativi di dimostrazione razionale dell’esistenza di Dio riconducono all’argomento ontologico che è ancora, tutto sommato, non tanto ben definito (il che insospettisce).
Tornando anche al dentista, la Filosofia dunque non “serve” per il semplice motivo che non è una serva, ma (almeno quella onesta, non sistematica) ci raccomanda due cose fondamentali: l’uso corretto del linguaggio e l’amore disinteressato non tanto per “la Verità” (che è un termine dal significato complesso e quindi anche vago), quanto per il “concetto di Verità”.
Questo è molto importante. Supponete che qualcuno dica: “ho visto il Demonio” o “ho visto la Madonna”. Se chi parla è uno schizofrenico o un “santo” in condizioni mentali simili, verosimilmente quello che riferisce gli è capitato davvero, e allora la sua affermazione è vera, ma un osservatore esterno dirà che si tratta di allucinazioni. Cioè quel “qualcuno” non avrebbe visto con gli occhi, avrebbe bensì “immaginato” o qualcosa di peggio, sebbene per lui la percezione sia stata verissima. Non è dunque su fenomeni di questo tipo, né su queste basi che si può impiantare un discorso teoretico sul “concetto di verità”, anche perché poi tale concetto varia percentualmente secondo le diverse discipline.
Esistono infatti delle discipline “pure”, cioè che non riguardano la realtà. Per es. “In un piano la somma degli angoli interni di un qualsiasi triangolo è di 180 gradi” è una proposizione di geometria pura, perché nell’universo non esiste alcun “piano”, né alcuna “somma”, né alcun “qualsiasi”, né alcun “triangolo”. Proprio per questo la proposizione è “vera” al 100%. “X=X” è una proposizione che riguarda la logica pura. Si chiama “legge di identità”, ed è meno semplice da dimostrare di quanto si creda. Però è vera al 100% proprio perché in natura non esiste alcuna “X”, né alcun “=”.
Ma una palla di piombo, lasciata a sé stessa, rispetta la “legge di gravità” (che dovrebbe esser generale) in maniera più disciplinata di una piuma. E allora la “Fisica” (applicata, non pura), sebbene sia una scienza seria, contiene massime, leggi e proposizioni in genere, che cominciano a discostarsi da quel famoso 100%. Senza farla tanto lunga, è evidente che se si prosegue parlando di Chimica o di Biologia, il “concetto di verità” si assottiglia sempre più. Per quanto riguarda la Medicina poi, forse proprio per le complicazioni che derivano agli umani dall’uso del linguaggio, i medici stessi la definirono non una scienza, bensì un arte. Quando poi si arriva a cose come la sociologia, la pedagogia o peggio la psicologia, cioè le cosiddette “scienze umane”, il povero “concetto di verità” si avvicina tragicamente al 50%, cioè allo zero assoluto: è infatti evidente che una proposizione del tipo: “Lei, signora, crede di aver sognato un ombrello, ma in realtà ha sognato un fallo” è semplicemente gratuita. Se fosse falsa sarebbe meglio.
L’amore per il “concetto di verità” si conquista dunque solo attraverso l’interesse e la comprensione dell’uso corretto del linguaggio. Questo però ci porterebbe a dire che fra i più grandi filosofi del pensiero occidentale dovremmo citare Ockham e Wittgenstein anziché Platone o Kant, e invece così non è; infatti purtroppo (e non a caso) i primi due non li conosce quasi nessuno (forse anche perché stabilire cosa sia un grande filosofo non è così semplice.
Inoltre tutto cambia: creare mirabili sistemi filosofici è stato utile non solo ai tempi di Aristotele e, qualche secolo dopo, di Tommaso, ma fino ai tempi di Hegel, che è morto l’altro ieri, perché fino a quest’ultimo gigante del pensiero di “sistemi” ovviamente c’era più bisogno (vista la succitata incompetenza in campo logico). Perché molte scienze, solo negli ultimi decenni, hanno galoppato più che in milioni di anni precedenti non solo per merito di Maxwell , che non finiremo mai di ringraziare, ma anche per quello degli studiosi del linguaggio e della logica appunto, perché un uomo può essere la persona più benintenzionata, più onesta e anche più colta e saggia del mondo, ma se non si rende conto del significato delle parole, purtroppo rischia di ingannare proprio quelle persone che voleva aiutare, anzi elevare.
Ancora nel Novecento abbiamo avuto Husserl, Jaspers e anche qualcuno più “tosto” come Heidegger. Ma questo signore aveva compreso bene il problema linguistico e quindi quello del concetto di “verità “ che ne deriva, per cui da buon tedesco ha fatto risvolare il pensiero all’ arte. Forse anche per il gusto di infierire contro gli inglesi che, poverini, non hanno mai avuto un musicista decente. Dico questo perché se una persona intitola un suo libretto “La Felicità”, come ho fatto io, i casi sono pochi: o è stupido, o ingenuo, o presuntuso ecc...fino a credere di saperla lunga. Che voglio dire?
Che anche duemila anni fa ci sono stati grandi filosofi, ma c’erano anche personaggi come Seneca che, ricchissimo, elogiava i benefici dell’indigenza, blandiva Nerone (disprezzando Alessandro), sodomizzava fanciulli sempre più morbidi (man mano che invecchiava), sconsigliava cibi poco austeri ed elogiava la qualità della vita, a scapito della quantità, non escludendo il suicidio. Finchè Nerone, che a suo modo era una persona seria, gli diede il permesso di suicidarsi.
Allora se uno oggi scrive un libretto di Filosofia, non lo fa perché è laureato nella stessa o perché è sistematico o particolarmente furbo o perché si vuole arricchire o vuole elevare l’umanità: lo fa perché diventa come Seneca. Si diverte a dire cose abbastanza sensate che facciano abbandonare ai sui presunti simili quelli che anche Bacone chiamava gli “idoli”. Eccoli di nuovo! Ma quali sarebbero gli idoli attuali? Ed è vero che siano tutti dannosi o inutili? Be’, lo stesso progredire della nostra storia (che è fatta di molti idoli) non è tutto inutile. Il computer con cui sto scrivendo e mamma “elettricità” non sono inutili. Questo però è facile da dire. In realtà nulla è “inutile”. Ecco comunque una serie di idoli (generalmente non così definiti):
1) Assumere qualche tipo di sostanza che ci allontani momentaneamente dal pensiero logico (lo fanno anche gli animali non parlanti, che sono forti emanazioni della potenza divina: avete mai notato come godano le vespe succhiando il succo alcolico all’interno di un frutto in decomposizione?) 2) montare in collera contro individui malati emozionalmente e cercare di annientarli con le buone o con le cattive; 3) delinquere, per chi lo sa fare raffinatamente; 4) abbandonarsi al daimon per scrivere qualcosa di forte (magari senza morire troppo presto come Pergolesi o Masaccio); 5) ammalarsi di malattie psicosomatiche, piangere davanti a un broccolo, stritolare un polso per gelosia...insomma ci siamo capiti: tutto ciò che è lontano dal Budda, dallo Zen, dal Libro Tibetano dei Morti, dal “Let it be”!”!
E poi molte cose si continuano a fare, anche se apparentemente inutili. Io per esempio sto scrivendo queste cose all’ inizio del 2011 e oggi pomeriggio, a Gennaio, ho quasi finito di scrivere il primo tempo della mia seconda sinfonia. Chi scrive sinfonie oggi? Innanzitutto chi è capace di scriverne, poi chi ha voglia di far sapere a qualcuno che ancora si possono scrivere!
E’, questo, un argomento ostico e delicato.
Partiamo da Gesù. 1) “Se non diverrete come uno di essi non entrerete punto nel regno dei cieli” 2) “Lasciate che i piccoli vengano a me” 3) “Padre ti ringrazio perché hai nascosto queste cose ai saggi e le hai rivelate ai piccoli” 4) “Guai a chi scandalizzerà uno di loro…”.
Sembra insomma che i bambini conoscano certe cose e si comportino in modo tale che sarebbe non solo condannabile, ma anche stupido disturbarli (se questo non l’avesse pensato anche la Montessori varrebbe la pena di perderci più di dieci minuti. Infatti, per inciso, le donne sono molto più inclini all’infanticidio rispetto agli uomini).
Pascoli ha ventilato una “Poetica del Fanciullino”. Non si tratta di una cosa complicata. Voleva semplicemente dire che è difficile scrivere poesie belle se, oltre al possesso di una tecnica suprema, non si riesce a mantenere, nello svolgersi della nostra vita, un contatto immediato, cioè acritico, con ciò che ci circonda (“ci vogliono molti anni per diventare bambini”): infatti se io ho otto anni e vedo una mia coetanea emozionante penso: “quanto è carina!”. Se io ho diciotto anni e vedo una mia coetanea decente penso: “è caruccia, però….”
Zanella, che era prete e quindi smaliziato, ma anche poeta, esprime (esagerando, ma in maniera deliziosa e toccante), nell’ultima terzina di un suo sonetto, un sentire comune e cioè che i bambini addirittura incarnino l’innocenza:
“di serpe o spin non paventate al bosco
ché dove appar dell’innocenza il volto
lo spin lascia il rigor, la serpe il tosco”.
Lombroso invece, che era medico, diceva che i bambini sono, tendenzialmente, tutti criminali. Questo scienziato, pur avendo descritto malformazioni fisiche banalissime (come la “fossetta del delinquente” e la “ruga del cretino”) non ha avuto fortuna perché inviso agli intellettuali di sinistra, che disdegnano l’evidenza e l’ereditarietà, privilegiando piuttosto l’ambiente e l’educazione. Anche la maggior parte dei drogati non benestanti la pensa così.
Invece fra il giornalista G. Bocca e il bandito Vallanzasca appena catturato, in un’intervista sull’Espresso, ci fu il seguente scambio di battute:
Bocca: “Lei pensa che l’ordinamento della nostra società possa aver influito sulle sue scelte?”. Vallanzasca: “Ma non diciamo stronzate!”.
Lombroso è vissuto in pieno Ottocento. Io sto scrivendo questo paragrafo nel 2011. Cosa fossero, come si comportassero, come venissero trattati i bambini in epoche passate posso solo leggerlo o desumerlo dalla lettura di qualche libro. Siccome fino ad ora sono stato insegnante di Educazione Musicale nella Scuola media (periodo delicato in cui si hanno di fronte ragazzini dagli undici ai quattordici anni) per un trentennio, posso riferire qualche fatto o considerazione che derivano dalla mia esperienza personale.
Il primo anno ho insegnato alla “De Coubertin”, piazza dei Giochi Delfici, Vigna Clara, cioè un quartiere alto-borghese di Roma dove mi sarei aspettato dunque di trovare un certo tipo di ambiente. Invece il primo giorno sono entrato in una seconda dove non sono stato accolto secondo le previsioni: tutti in piedi, ma non per salutare, come ricordavo della mia scuola media (non è che fosse passato un secolo!): parolacce, bestemmie, aeroplani di carta e sedie che volavano…non sapevo cosa fare. Per raccogliere le idee dopo dieci minuti permisi che giocassero a quel gioco “mari, monti, nomi , lavori…”. Un certo Conigliaro mi chiese: “a professo’, che “ladro” è un mestiere?”. A suo modo era simpatico, e aveva una mammina ancora più simpatica.
Non era che l’inizio: va bene che a quei tempi ero carino e non avevo ancora trent’anni, ma già prima di Natale un paio di alunne di Terza mi avevano scritto una lettera in cui dichiaravano esplicitamente di amarmi.
Di bambini, ultimamente, si occupano solo mamme emancipate che li debbono alloggiare negli asili-nido, di padri separati che se li sono visti sottrarre perché hanno sposato mamme emancipate e desiderose di ulteriore emancipazione, e pedofili che non meritano questo nome perché chi è tale ai bambini dovrebbe volergli bene per motivi etimologici. Fortunatamente se ne occupa anche qualche pediatra serio e, sempre per fortuna, se ne occupano sempre di meno gli specialisti di pedagogia: quelli che ci hanno spiegato che tali soggetti vanno considerati non “piccoli uomini”, (come li hanno raffigurati, fra l’altro, quei cretini dei pittori del Rinascimento!), bensì per quello che sono, e cioè “bambini”, che hanno diritto di giocare, di esprimersi liberamente, di non essere neanche sfiorati, di vivere in scuole dell’infanzia dove le maniglie delle porte e delle finestre siano alla loro altezza per poterci sbattere meglio ecc...
Molti di voi stanno pensando: “sì, ma il problema vero, per quel che riguarda i bambini, dovrebbe essere quello della pedofilia, che qui invece sembra esser stato solo accennato distrattamente!”. Giustissimo. Ragioniamo allora.
Un “problema”, per definizione è suscettibile di risoluzione. Infatti se io leggo: “L’area del triangolo è X, l’altezza è Y...” non reagisco dicendo “che casino!”. Così se sento definire la pedofilia un “problema” non devo reagire dicendo: “che orrore!” perché così dicendo non risolvo nulla! Devo invece pensare alla sua risoluzione, appunto. Io la risoluzione non la conosco, però qualche domanda me la so porre. Ad esempio: se si dice che è diffusa in una certa percentuale di certo lo è come minimo tre volte di più. Come mai?
Nelle antiche civiltà era normale che alcuni adulti avessero rapporti con persone anche molto più giovani, ma (a parte i potenti) non con chi non avesse raggiunto almeno la maturità sessuale, cioè la pubertà e poi l’adolescenza. Infatti ancora oggi in molte parti del mondo poco “civilizzate” e anche fra gli zingari, che sprovveduti non sono, è normale addirittura sposarsi e procreare verso i tredici-quattordici anni. Invece nella nostra civiltà civile occidentale ed emancipata ci si sposa e si procrea (se si procrea) verso i trentacinque-quaranta anni; ma esiste anche il “turismo sessuale”, e il brutto è che spesso i bambini-bambine hanno molto meno di tredici anni e spesso vengono semplicemente violentati o anche peggio: come mai?
Alcuni ecclesiastici cattolici sono frequentatori abbastanza assidui (o nel senso di don Mazzi o nel senso più ordinario) della prostituzione di volta in volta “comune” , ma tutto sommato preferiscono occuparsi di bambini appunto, infatti è di questo che papa Ratzinger ha ritenuto opportuno scusarsi più volte. Ripeto: come mai?
Per quel che ne so, che ho visto, che ho letto, che mi hanno raccontato...nessuna persona sana mentalmente e sessualmente ha mai fatto violenza a un suo simile anche se un po’ ingenuo perché giovane. Questo lo fanno solo i pedofili attuali. Come mai?
Ecco, se si rispondesse a domande di questo tipo, credo che il “problema” della pedofilia sarebbe leggibile in maniera molto più chiara.
Se a questo aspetto della Filosofia ha dato tanta importanza Kierkegaard, che assieme a Nietzsche è uno dei pochissimi pensatori moderni degni di nota, dopo Hegel, un motivo ci sarà!
In greco “Este” significa “veste”, “ciò che si vede”, “apparenza”. L’Estetica dunque si occupa di ciò che appare: bello o brutto o cose intermedie. Però quando noi decidiamo che una cosa è brutta troviamo molti argomenti per dimostrarlo, quando è bella invece non sappiamo cosa dire. Perché? Perché il “brutto” è accessibile alla plebe e la fa sfogare a vuoto, mentre il “bello” stimola
in senso aristocratico l’animo di chi è predisposto a cose nobili, ed è (grazie a Dio) ineffabile; altrimenti qualsiasi beota sarebbe in grado di produrre “bellezza” in senso umano, cioè arte. Però, chissà perché, dentro qualcuno di noi c’è la convinzione che il “bello” esista a prescindere dalle singole valutazioni. Non dimentichiamo peraltro che lo stesso Hegel ha definito il “bello” artistico superiore al presunto “bello” naturale. Perfino O. Wilde, che non era tedesco e quindi meno incline al “sublime”, ha scritto che non c’è niente di più banale di un tramonto.
Lo “Zen” ci ricorda poi che ciò che è perfetto non può essere bello. O forse sarebbe meglio dire che non è seducente. Questo è talmente vero che qualche cretino per es. si spettina artatamente proprio per attirare l’attenzione. Ma anche molti grandi artisti si rendevano conto di questo fatto tanto da sfruttarlo: perfino un pittore apollineo come Raffaello ha inserito uno strano personaggio strabico ai piedi di uno dei quadri più belli del mondo: la “Trasfigurazione”. La poesia ha addirittura codificato dei voluti errori grammaticali, chiamandoli “figure retoriche”, che servono a dare più forza espressiva a quello che si dice.
Io stesso ho scritto delle canzoni importanti, realizzate poi in maniera approssimativa, o per stanchezza o perché non sono né un grande orchestratore né un grande cantante, ma non ci ho rimesso mano, perché se la canzone è bella è bella, e qualcuno la può realizzare meglio. Benvenuto!
Andiamo avanti. La tradizione rabbinica orale e scritta ci ricorda che ogni singolo filo d’erba accoglie, traduce ed esprime la sapienza che viene dall’ “Eterno”, cioè dal “Tutto”. Ecco perché bisogna avere una specie di umiltà quando si crea: a volte un errore o una semplice disattenzione possono dare un enorme fascino a quello che stiamo facendo (ma proprio sciocchezze, tipo un corno che, in un passaggio, apre inaspettatamente una nota, non richiesto). Perché la bellezza dall’alto è ovviamente superiore all’abilità e al controllo lucido e razionale di qualsiasi artista.
Se si sente questo possono succedere anche miracoli: per es. io ho appena finito di scrivere e realizzare in pochissimi giorni (gennaio 2011), grazie a un modesto PC, il Primo Movimento della mia succitata “Sinfonia n°2”. Ovviamente l’orchestrazione è modesta rispetto a Strawinsky, il pathos (grazie a Dio) minore rispetto a Beethoven, ma il risultato concreto non è per niente inferiore a una fantasia di Strawinsky o a un primo tempo di una sinfonia di Beethoven, perché in realtà quando sentiamo di scrivere (cioè di creare) in stato di grazia, intendiamo dire che stiamo scrivendo in uno stato di umiltà appunto (cioè che l’idea musicale è così e non altrimenti: Humus, Shekhinà, Terra fecondata dal Cielo ecc…). Cioè ci siamo abbandonati a quella famosa saggezza di cui il filo d’erba non può non essere pervaso (tecnica a parte, sennò stiamo stronzeggiando). E i risultati si vedono.
Tutto questo non solo ci distingue in tempo nei confronti dei meno ripieni di spirito, ma ci dona anche onestà intellettuale: un uomo consapevole deve avere il coraggio di dire che “Guernica” di Picasso o “L’urlo” di Munch sono due quadri semplicemente brutti, ma deve anche non riuscire ad ascoltare l’epilogo della “Boheme” (se ben cantato) o leggere l’episodio del “conte Ugolino” ad alta voce, senza commuoversi.
Sembrerebbe dunque che il “bello”, nonostante la sua ineffabilità, abbia anche però una sfacciata evidenza. Ma se una persona che noi stimiamo dal punto di vista spirituale esprimesse apprezzamento per qualcosa che noi riteniamo “obiettivamente” mediocre, come dovremmo reagire? Dicendo che si tratta di una boutade? Che infondo tutti i gusti son gusti? Che, tutto sommato, il “bello” con la B maiuscola non esiste? Niente affatto: semplicemente riconoscendo che ognuno percepisce quello che può, o per educazione o per DNA o per quello che vi pare.
I guai più grossi nel campo dell’estetica derivano da Marx. Quest’uomo, che ha invitato i proletari di tutto il mondo a unirsi e che ha disprezzato il capitalismo, si è formato culturalmente frequentando a Londra le biblioteche nate grazie alla generosità dei capitalisti e, secondo quanto riferisce Montanelli, ha ingravidato una sua donna “di servizio” mettendola poi nelle mani dell’ amico e collaboratore Engels. Tanto basterebbe. Ma non basta. Da buon tedesco definì i popoli dell’Est uno “scolo etnico”, alla faccia del razzismo, di Puskin e dei successivi geni russi.
A quest’uomo è venuto in mente di dire che l’arte è una “sovrastruttura”, tanto è vero che sarebbe legata al periodo storico in cui è stata prodotta. Anche un imbecille obietterebbe: “ma allora perché io, vedendo un angelo dipinto da Melozzo da Forlì mi emoziono?”. Il guaio però non è questo. Il guaio è che musicisti straordinari come Prokoviev o Hindemith, per far vedere che erano musicisti del Novecento (cioè artisti legati al loro tempo), hanno sprecato il loro genio scrivendo stupidaggini abissali. Laddove basterebbe osservare: Donatello, Michelangelo, Bernini, non furono forse tutti grandi scultori? Ci sono differenze così “abissali” fra i loro stili? O, peggio, Canova che è ancora più vicino storicamente. Ebbene quali sarebbero (a distanza di più di duemila anni!) le grandi differenze formali fra una sua statua e una attribuita a Prassitele? Perché Canova era un “neoclassico”? Ma facciamola finita!
Non mi perito di ricordare che le arti classiche, rivolte cioè all’insieme di quelle persone che sono in grado di apprezzarle a prescindere dalla loro nascita e posizione sociale (classis - aristocrazia dello Spirito), sono sei: tre spaziali (pittura, scultura, architettura) e tre temporali: (poesia, musica e danza). Le prime producono “cose” meravigliose ma deteriorabili, e quindi in un certo senso già morte appena concluse: le seconde no e quindi sono suscettibili di commenti più vividi e interessanti.
Fra queste ultime però la Poesia ha il grosso difetto della molteplicità delle lingue, come il cinema parlato. La Danza poi, praticata in maniera non scolastica, dà la sconfortante sensazione di essere appannaggio di alcune razze umane soltanto. Anche per questo motivo, forse, la Musica viene universalmente riconosciuta come la “regina” delle arti: ha infatti già un grado di complessità abbastanza più preoccupante di quello dell’Architettura e, in più, non è vincolata materialmente alla legge di gravità, cambia secondo i direttori, gli interpreti, gli esecutori, gli ambienti, gli strumenti…merita dunque un discorso a parte.
Ai cretini questa divina arte ha più volte dato un’idea di indeterminatezza o peggio di grande libertà. Naturalmente non è così e spiego perché: un corpo, quando vibra, oltre al suo suono fondamentale (quello più grave), produce anche una serie di suoni aggiuntivi. Tali suoni si chiamano armonici (ne abbiamo già accennato nella Prefazione, a proposito di Dio) e secondo una loro specifica e progressiva debolezza, determinano la struttura dell’onda, che a sua volta è l’immagine fisica dei diversi timbri sonori (violino, flauto, tromba). Inoltre tali armonici sono sempre i medesimi e corrispondono a porzioni determinate da numeri interi individuati sullo stesso corpo vibrante.
Chi vuol capire con esattezza di che cosa stia parlando si vada a leggere qualcosa che tratti di fisica acustica (che è meglio). Io semplificherò al massimo, a scapito della precisione: se un suono è prodotto da un corpo che vibra, allora è ovvio che ogni suono corrisponderà ad un certo numero di vibrazioni al secondo (Hertz), quindi ogni suono corrisponderà ad un numero. Supponiamo allora che io faccia vibrare una corda, che questa corda vibri una volta al secondo e che io chiami questo suono “DO”. Se sfioro la stessa corda a metà, ad un quarto, a un ottavo ecc… e la faccio rivibrare, ottengo altri “DO” di altezza diversa, perché qualsiasi raddoppio di divisione produce la stessa nota ad altezze (ottave) superiori. Per avere suoni diversi occorre dunque introdurre numeri dispari (o i loro innumerevoli raddoppi): dividendo la corda in tre parti uguali (ma anche in sei, dodici, ecc…) e facendola vibrare di nuovo ascolterò quello che si chiama un “SOL”. Dividendola in cinque (o dieci o venti…) un “MI” ecc…
Insomma è come se tutti i corpi inanimati conoscessero e rispettassero i numeri interi positivi, che invece sono una idea umana (perché in che senso riguarderebbero obiettivamente anche la Realtà?). Però così si giustifica il motivo per cui Pitagora fosse convinto che tutto ciò che esiste può essere descritto attraverso il concetto di “numero” (è Lui che per primo ha concepito e definito anche i numeri “quadrati” e “cubi”; irrazionali a parte!). Le persone che sono riuscite a realizzare i primi computer dovrebbero ringraziare Pitagora non meno di Newton o Frege.
Ora, sebbene questi benedetti armonici siano infiniti, il fatto è che i primi tre suoni diversi fra loro (cioè corrispondenti ai numeri più bassi della serie interi-positivi, per es. DO – MI – SOL), formano quello che in armonia si chiama accordo o triade maggiore. Subito dopo, sempre seguendo la piramide armonica, si incontrano quelle note che ci danno le altre tre triadi (cioè accordi di soli tre suoni) possibili: minore, diminuita, aumentata (chi è interessato all’argomento consulti l’inizio di un manuale di Armonia). Tali accordi dunque non sono un’invenzione o peggio un arbitrio umano, bensì l’espressione vibrante (sonora per chi ha orecchie) di qualsiasi cosa esistente. Cioè sono assolutamente naturali. Guarda caso gli uomini hanno scritto la musica più bella di tutta la loro storia nel Settecento e nell’Ottocento, quando hanno utilizzato cioè eminentemente la concatenazione di questi semplici accordi o poco più (è chiaro che il discorso è più complesso, ma a grandi linee le cose stanno così!). Prima di loro si aveva un concetto limitato di Armonia, successivamente invece è successo qualcosa di molto più grave (come ho già accennato):
Verso l’inizio del Novecento la mente di alcuni musicisti, soprattutto di cultura tedesca come A. Schönberg e qualcun altro non meno dotato sia musicalmente che intellettualmente, fu stravolta purtroppo da un’idea stupida: “La scala sonora che usiamo dai tempi di Bach è formata da dodici semitoni che hanno un rapporto gerarchico fra loro. Per es. se io uso il “DO”come tonica, cioè come Suono Fondamentale, allora il “SOL” sarà il suo primo ministro (come Natura ha stabilito) e poi ci saranno gli altri gradi meno importanti. Rispettando questo semplicissimo dato di fatto abbiamo avuto musicisti del calibro di Händel, Mozart, Beethoven…ma che succederebbe se si introducesse il concetto di “democrazia” fra tali gradi?”
Permettetemi una pausa di riflessione. Perché una persona abile e intelligente come Shönberg ha sprecato le sue doti musicali seguendo questo esperimento inutile? 1) Forse per umiltà: nonostante la sua perizia avrà pensato che non sarebbe mai riuscito a scrivere qualcosa di emozionante come una sinfonia di Mendelssohn”. 2) Forse perché sapeva che non basta introdurre none e undicesime per fare “musica moderna” (Debussy era stato esplicito) e invece lui evidentemente voleva ostentare la sua appartenenza al Novecento. 3) Forse perché gli piaceva istintivamente la democrazia 4) Forse tutto sommato perché semplicemente non era una un grande musicista, infatti il suo nome oggi è conosciuto solo fra gli studenti di Conservatorio e qualche snob. Perché? perché la maggior parte della sua musica è semplicemente brutta!
Io che purtroppo certe cose le so, personalmente sono molto dispiaciuto anche per il fatto che ricorderò fino alla fine della mia vita il nome di alcuni presunti compositori noti soltanto per il fatto di aver avuto la tessera del partito comunista. Qualcuno forse anche in buona fede. Mi risulta che Luigi Nono abbia fatto ascoltare Beethoven agli operai nelle fabbriche. “Perché siamo tutti uguali; perché non è giusto che solo i signori ascoltino Beethoven!”… tutte stronzate: il novanta per cento degli attuali presunti “signori” è formato da poveri ex morti di fame che nella loro vita parlano solo di denaro, capiscono solo il denaro e di Beethoven giustamente non glie ne frega niente, così come non frega niente al novanta per cento degli operai: l’aristocrazia dello Spirito non guarda in faccia a nessuno, meno che mai alle classi sociali, e poi non è certo una mia invenzione.
Rioccupiamoci dunque, per chiudere, di cose più serie attraverso un breve ritorno alla Logica: la maggior parte delle discussioni fra uomini avvengono semplicemente perché non si stabilisce prima il significato che si dà alle parole che sono oggetto di discussione. Per es. chi non sa nulla di musica tende a considerare “musicista” chiunque scriva qualcosa di più o meno gradevole o addirittura semplicemente produca qualcosa di sonoro; anche un bambino che batte con una matita su un barattolo, magari perché “è spontaneo”. Che è un modo di dire per giustificare il fatto che né il bambino in oggetto né la persona stessa che esprime tali opinioni sono in grado di capire quello che c’è scritto in un libro di Armonia o di Contrappunto.
Personalmente considero “musicista” sinonimo di “compositore” vero; cioè chi è in grado di scrivere una fuga. Chi ha scritto una bella canzone non è per questo (secondo il mio modo di intendere) un “musicista”: è uno che ha scritto una bella canzone, punto e basta. Un cantante è un cantante, un professore d’orchestra un professore d’orchestra ecc...Basta intendersi.
Di musiche ce ne sono molte e ci sono molte etichette per generi. Nonostante sia estremamente probabile che nessun dio esista, resistono comunque delle perplessità per cui vi rimando al paragrafo “TEOLOGIA”. Attraverso un uso intelligente di YOU TUBE noi possiamo vedere adulti (perfino femmine) che quando cantano qualcosa di Bach, o di qualcun altro co-creatore del nostro mondo, assumono un espressione, come dire, “elevata”. Si capisce che capiscono che stanno cantando una cosa che non fa parte delle loro piccole faccende, bensì di un ordine superiore. Un ordine creativo appunto. E’ ovvio che quando i bambini sostituiscono le donne il risultato si eleva sia dal punto di vista acustico (perché fisiologico) che spirituale. Quando i bambini tedeschi cantano gli avvenimenti atmosferici che avvengono alla morte di Gesù nella “Passione secondo s.Matteo” assumono una faccia preoccupante. E il maestro vorrebbe essere peggio. Non è tanto normale.
Nel diciannovesimo secolo la scienza e la tecnologia hanno cominciato a galoppare in maniera tale che anche gli addetti ai lavori si sono spaventati alla sola idea. Infatti all’inizio del ventesimo, siccome la religione sembrava esser passata di moda, sbocciò la cosiddetta “psicoanalisi” (una particolare branca della psicologia) grazie a S. Freud, un geniale medico austriaco fantasioso e cocainomane che, forse perché di religione ebraica, definì per la prima volta in maniera intrigante il concetto di “angoscia” e teorizzò l’importanza di pagare la parcella al medico prima di iniziare le singole sedute terapeutiche. Una consuetudine copiata dalle prostitute.
I cattolici fecero finta di non capire la debolezza storico-teorica del fenomeno (definendo la psicoanalisi un succedaneo o peggio un’alternativa al presunto sacramento della “confessione”) e così attaccarono il pover’uomo sui tre temi più pericolosi che aveva affrontato o inventato:
1) L’inconscio. Ci sarebbe, all’interno dell’animo umano, una regione, non sottoposta a controllo critico-razionale, ben più vasta di quella cosciente.
2) La sessualità infantile. I neonati, quando succhiano il latte, oltre a nutrirsi proverebbero piacere tattile-orale; dal terzo anno circa tale piacere (libido) si sposterebbe sull’ano attraverso la ritenzione delle feci; successivamente subentrerebbe uno stato di “latenza”; infine si avrebbe, dopo lo sviluppo, la fase genitale.
3) L’eziologia sessuale delle nevrosi. Nella civiltà occidentale, per una serie di motivi (educazione, religione, morale sessuofobica ecc…) verrebbero mortificati i naturali istinti e la nostra psiche ne risentirebbe; quindi anche il corpo. Infatti potrebbe non essere un caso che le donne insoddisfatte sessualmente vengano colpite da tumore prevalentemente alla mammella o all’utero, come sostenne, per la verità, soprattutto un discepolo di Freud: W. Reich.
Il primo punto meritava attenzione perché contraddiceva il concetto di “libero arbitrio” (dopo Lutero pure gli ebrei!). Il secondo era scandaloso per i motivi che ho esposto nel paragrafo “Bambini”. Il terzo lo lascio al buon senso.
Sta di fatto che Freud, nel 1924, scrisse un curioso libro: “L’Io e l’Es” e si rimangiò molte delle sue brillanti intuizioni, masticando forse male perché dopo alcuni anni morì di cancro alla mascella.
Per schiarirsi un po’ le idee attorno alla “psicoanalisi”, questa penosa disciplina che di altisonante ha solo il nome, consiglio non tanto la lettura del succitato W. Reich, che ci ha confessato come i primi psicoanalisti masturbassero le loro pazienti ipnotizzate e avessero essi stessi bisogno di cure per disturbi mentali gravi, quanto il semplice resoconto di Pavlov attorno ai suoi esperimenti sui cani: “I Riflessi Condizionati”. Ogni capitolo si conclude con questa frase: “La spiegazione psicologica non serve dunque a nulla”. Questo libro non lo ha letto quasi nessuno.
Naturalmente con ciò non voglio negare che in questo mare magnum affiorino nomi di notevoli esseri pensanti come K. Koffka o O. Rank o G. Jung o, peggio, A. Adler; scuole, sistemi concettuali e chiavi di lettura seducenti come la Gestalt o la Psicologia del profondo; curiosità inquietanti come i comandi post-ipnotici che sono stati usati anche dai più importanti Sevizi Segreti in tutto il mondo…dico solo che in Italia per es. il più bravo psicologo è stato C. Musatti che se non ricordo male era laureato in matematica.
Insomma ci si può occupare benissimo anche di Psicologia, purché ci si ricordi che si tratta solo di una disciplina tutt’al più affascinante, ma non certo di una scienza.
Quando chiesero a W. Churchill il segreto della sua buona salute, rispose: “no sport!”. Oscar Wilde definì inelegante la ginnastica e addirittura demenziale il “golf”. Anche oggi certi nuovi pariolini romani, o ex-burini, disprezzano il calcio perché gli hanno suggerito che l’atletica leggera sia più elegante. Sarà pur vero, ma ragioniamo onestamente: perché il “calcio” piace a tutte le persone normali? Perché si gioca con una palla, che è il giocattolo più bello, più semplice, più antico, più suggestivo della storia del genere umano. Perché si vedono persone vive che si muovono in maniera naturale, mostrandoci lo sforzo dei loro muscoli, l’abilità in certe torsioni del corpo , l’intuito tattico che traluce in un “assist”, le smorfie per un fallo subito ingiustamente e quant’altro…come sport, solo il pugilato è quasi allo stesso livello di spettacolarità. Questo però individuale, l’altro collettivo.
IL ciclismo ci consente di vedere ancora una specie di esseri umani che quantomeno pedalano e le telecamere ci confortano con dei paesaggi gradevoli. Ma già le gare di motociclette preoccupano. Quelle delle macchine da corsa, poi, meritano addirittura un’analisi dettagliata: io dovrei essere un essere umano.
Ebbene io siedo su una sedia. Con un mezzo meccanico (la televisione) vedo delle macchinette colorate attorno a cui mi danno delle notizie. Non vedo chi c’è dentro, né come si muova, non vedo nulla! Sento soltanto dei rumori sgradevoli che gli esperti chiamano “voce del motore” e che un napoletano chiamerebbe “pernacchi”. Per fare che? Per vedere che alla fine il vincitore della corsa agita forsennatamente una bottiglia di spumante, magari pure di marca, per farne uscire violentemente il contenuto quando la stappa? Non mi va neanche di dire che si tratti di una parafrasi onanistica; ci mancherebbe che mi rientra la “psicologia” dalla finestra!
Come si vede lo sport può essere occasione di piacere, di spettacolarità, di entusiasmo, ma può anche rientrare nelle patologie mentali secondo il tipo, e poi anche secondo chi lo segue e chi lo pratica. Infatti (concedetemi un po’ di razzismo) degli uomini di pelle nera si può dire che dal punto di vista fisico siano mediamente più sani ed efficienti rispetto a noi europei. Non a caso pur non essendo predisposti a scrivere quartetti d’archi (forse perché mediamente poco ballabili) hanno un’ineguagliabile istinto musicale e ballano (cioè si muovono naturalmente) meglio di tutti. Per quanto ne so fanno anche l’amore meglio di tutti. E, per tornare allo sport, sono grandi pugili o velocisti o calciatori, ma non sono piloti, né (questo è un po’ più strano) grandi nuotatori. Forse perché gli ippopotami sono un po’ più lenti dei leoni.
Nel Medioevo esistevano il “Trivio” (grammatica , retorica, dialettica) e il “Quadrivio” (aritmetica, geometria, astronomia e musica). Tali discipline dovevano preparare allo studio della Filosofia che, si diceva, fosse ancella della Teologia. Era un’idea meno stupida di quanto potrebbe sembrare.
La filosofia occidentale infatti, prima di Gesù, si è occupata soprattutto della “natura delle cose”; dopo è divenuta serva della teologia appunto (salvo rare eccezioni) e finalmente (in senso non solo temporale), all’inizio del Novecento, ha sposato discipline più razionali come la matematica e la logica, dimostrando che tutte le proposizioni metafisiche sono “insensate” perché contengono inconsapevolezze semantiche (per es. “parole-descrizione” che descrivono realtà inverificabili come “Dio” appunto, oppure non descrivono nulla come “l’attuale re di Francia”) o, più semplicemente, errori di grammatica.
Per meglio spiegare cosa sia una frase “insensata” riporto, in maniera stringata e approssimativa (ma poco noiosa e abbastanza corretta), il succo della teoria di B. Russel sull’argomento: - La “verità” non riguarda le cose reali o esistenti, bensì le proposizioni, che possono essere sensate o prive di senso. Quelle sensate possono essere vere: “L’unicorno ha un corno”, o false: “nessuna mosca ha mai volato”. Quelle insensate non sono né vere né false: “i canguri a sette zampe amano la birra” è una proposizione semplicemente senza senso.
Di logica e di alta matematica si intendono solo poche persone, per ovvi motivi. Proprio per questo però non si può rinunciare a qualche considerazione attorno ad una disciplina tanto diversa e affascinante come la teologia. Presso i popoli di tutto il nostro pianeta infatti, di qualsiasi latitudine e longitudine, di qualsiasi colore o altra diversità, solo due cose non sono mai mancate: la “Musica” e l’ “Idea del Divino”.
Ma questo allora non significa soltanto che, in realtà, è l’uomo a immaginare (cioè a creare) il Dio che in teoria lo avrebbe creato assieme a tutte le altre cose (scriveva Senofane):
CAMUSI E NERI CREDONO I LORO DEI GLI ETIOPI
OCCHICERULI E FULVI DI CAPELLI I TRACI
significa anche che quello che importa non è tanto l’esistenza ontologica di Dio, quanto l’esserci, all’interno dell’animo umano, dell’idea di qualcosa che abbia le caratteristiche di Dio. Se così non fosse come farebbero Tommaso o Bonaventura o Francesco o lo stesso Gesù a parlare delle caratteristiche di Dio come se stessero parlando di una cosa concreta? Insomma come farebbero loro a conoscere le qualità di Dio? Come le hanno rilevate? Chi glie le ha raccontate? E’ chiaro che si permettono di descriverle perché le deducono logicamente dalla “definizione” di ciò che Dio dovrebbe essere. Infatti lo stesso Spinoza, pur avendo sostenuto qua e là opinioni sfacciatamente antidemocratiche, è stimatissimo anche da filosofi non ideologizzati, liberali e intelligenti, perché ha impostato formalmente la sua “Etica” come un trattato di geometria pura.
E non è finita: si dice che quando Raffaello usciva a passeggiare, la gente comune stendesse mantelli a terra affinché i piedi del maestro non si sporcassero. Non è stato Dante a definire “divina” la sua Commedia, ma chi l’ha letta. La “Missa papae Marcelli” sarebbe stata suggerita a G. P. da Palestrina da uno stuolo di serafini! Che vuol dire? Evidentemente che alcuni uomini o per dono, o per DNA, o per ricerca, o seguendo un “Itinerario della mente verso Dio”, sono o sono diventati talmente fulgidi e illuminati da assumere caratteristiche divine; e la gente comune se ne è accorta. Perché stupirsi? Si sono convinti di una loro effettiva identificazione con la divinità anche dei banalissimi regnanti, o grandi condottieri, o imperatori con disturbi nervosi gravi.
Vuol dire che lo stesso Uomo, che ha creato Dio a sua immagine e somiglianza, ha creato in realtà un’idea ben più importante di sé stesso, infatti questo Dio, secondo il popolo eletto, si chiama YEWE (io sono) ed è “tzebaoth”, cioè colui “che fa esistere tutto quello che è suscettibile di esistenza” come riscriverò meglio oltre. Non a caso lo stesso Gesù disse ai suoi: “se vi porteranno nei tribunali, a causa del mio nome, non pensate a come difendervi: le parole ve le metterà in bocca lo Spirito Santo” (cioè quello stesso daimon –entusiasmo- che ha permesso all’uomo di concepire l’idea di Dio e meravigliose opere d’arte).
Ora, quando una supposizione sembra spiegare fenomeni inconsueti, in genere, merita rispetto: come mai certi individui si emozionano leggendo di una tempesta descritta da Conrad, o “entrando” in quel che resta della “Mènade” di Scopas, o molto più semplicemente vedendo un africano sano che balla? Perché non sta leggendo Conrad! non sta penetrando una statua greca! non sta assaporando un movimento armonioso: sta leggendo, penetrando e assaporando YEWE! Cioè il Dio inventato dai suoi fratelli aristocratici, che a sua volta dà, attraverso Conrad, Scopas, un ballerino nero o Dioniso o Afrodite o Orfeo (che, ovviamente, sono sempre YEWE) la creazione artistica. Cioè il continuum umano della creazione divina.
SED CONTRA
Però, se demolire in quattro parole ciò che tanti uomini di mondi, pelle e cultura diversi può essere apprezzato da matematici e logici (e giustamente, visto che loro devono amare la semplicità per definizione e per metodo), ciò non può essere accettato in un manuale di filosofia. Perché questa disciplina deve considerare l’essere umano nella sua totalità, e quindi anche nelle sue componenti ed espressioni irrazionali.
Per es. qualsiasi cattolico anche intelligente e colto (ma che proprio in quanto cattolico non ha letto la Bibbia fin da piccolo) quando comincia a leggerne qualcosa, che fa? Si entusiasma, crede di poter esprimere opinioni perché ha notato stupidaggini che altri non hanno notato, continua a cercare e individuare errori, illogicità, anacronismi e comincia a pensare - purtroppo qualche volta anche a dire o peggio a scrivere (peggio non per lui ma per chi compra il libro): “Sappiamo benissimo che l’Universo non ha solo seimila anni; Matusalemme non può averne vissuti novecentosessantanove; i serpenti non parlano; con chi ha fatto figli Caino? con sua madre, visto che non esistevano altre donne” (di Seth naturalmente non ha registrato neanche l’esistenza). Il suo stesso entusiasmo (ingiustificato) dimostra che di certi argomenti ha cominciato a leggere e a occuparsi poco più di tre o quattro sere prima.
Mi sono limitato all’inizio della Genesi ed evito di continuare per carità cristiana: al beota non verranno mai in mente obiezioni un po’ più sensate e alte, tipo perché i pesci non abbiano dovuto soffrire per il diluvio come gli altri esseri viventi; o chi abbia udito Dio pronunciare le parole “sia la luce!” e in che lingua, visto che Adamo non era ancora stato creato…
Facciamo allora un bel salto e arriviamo subito a Gesù: “Qualsiasi cosa chiederete nel mio nome vi sarà fatta…potrete anche chiedere che i monti si spostino…). Non serve una mente elevata per capire che tutto ciò non va preso alla lettera: se un qualsiasi essere umano potesse far spostare una montagna è chiaro che ci sarebbero continui terremoti e la volontà di quel deficiente creerebbe danni a tanti poveri innocenti.
SAN PAOLO
Dal momento che sono europeo non posso non accennare a Paolo. Prima della conversione fu talmente anti-cristiano che approvò la lapidazione di Stefano anche perché questi, prima di morire, disse di aver visto Gesù in piedi alla destra del Padre (Atti degli Apostoli). Anche Paolo ebbe una visione, o meglio, sentì la voce di Gesù che gli chiedeva perché lo perseguitasse, e fu folgorato da una luce dal cielo sulla via di Damasco (qualche maligno fa notare che tutto questo avvenne intorno all’ora sesta, cioè a mezzogiorno…insomma un colpo di sole) e per questo rimase cieco tre giorni finché Anania, dopo avergli rivelato che era stato scelto dal Dio per portare il nome del Signore anche davanti ai Gentili (contraddicendo Gesù) oltre che ai figliuoli di Israele, gli fece cadere delle scaglie dagli occhi. Un po’ come Tobia, guarito qualche secolo prima nientemeno che da Raffaele (l’arcangelo il cui nome significa: “medicina di Dio”).
Da allora Paolo viaggiò molto, fondò diverse chiese e le confortò una per una con quelle lettere raccolte nel Nuovo Testamento che conosciamo come “epistole paoline”. Quelle scritte da altri si definiscono invece “cattoliche” perché universali, cioè non destinate ad una singola comunità. Per questo motivo qualcuno ha definito Paolo come uno straordinario “sponsor” del cristianesimo. E’ infatti evidente che, senza il suo apostolato, oggi nessuno conoscerebbe Gesù di Nazareth (uno dei tanti ragazzi galilei fioriti in un periodo fortemente messianico).
A Malta Paolo fu morso da una vipera ma non morì (Atti, XXVIII). Ebbe il potere di dare qualcuno in balia di Satana (I Cor. V). Parlò della giustificazione per fede (Rom. IX,32), della necessaria sottomissione delle donne agli uomini (Coloss. III,18), dell’opportunità di abbandonarci ai piaceri della carne laddove Cristo non sia realmente risorto (I Cor. XV, 32), di come reagire ai nemici umani (Rom. XII,19), della necessità di premunirci contro quelli angelici (Principati, Podestà, Potenze) (I Cor. XV,24). Disse anche di esser stato rapito fino al terzo cielo (II Cor. XII,2).
E tutto ciò come se niente fosse: era talmente saldo nel suo “castello interiore” che arrivò a fare una inaspettata e conturbante confessione di umiltà: “Cristo è morto per i nostri peccati… successivamente apparve a Cefa, ai dodici… a cinquecento fratelli… poi a tutti gli apostoli… e finalmente, dopo che a tutti, apparve anche a me, come all’aborto, giacché io non sono degno di esser chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio” (I Cor. XV,8).
Se non si hanno i nervi a posto è difficile leggere Paolo. Infatti noi sappiamo benissimo che reagire con il bene al male è uno dei più elementari riti magici (“reagite benevolmente a quelli che vi fanno del male: equivarrà ad accendere sul loro capo una corona di braci ardenti!”), che le vipere sono molto pericolose e che il terzo cielo non esiste, ma allora perché quando lui stesso si autodefinisce “aborto” sentiamo una stilettata come se stesse parlando di una cosa seria? Sembra di stare in una condizione di stallo: stando fermi crediamo di poter razionalizzare quello che scrive ma non ci riusciamo, se invece proviamo a muoverci, azzardando chiavi di lettura inconsuete) andiamo sotto scacco. D’altra parte lui stesso dice che la conoscenza gonfia, mentre l’amore edifica.
GESU'
Per quale motivo questo ragazzo è stato considerato talmente importante che da lui si sono ricominciati a contare gli anni, a dispetto dei calendari cinesi, babilonesi, ebrei, le ere fasciste ecc…?
La risposta più ovvia sembrerebbe: perché solo Lui è stato il vero figlio di Dio (anche Bunuel ha inserito questa battuta nel suo film “La Via Lattea”). In realtà (come ho accennato da qualche altra parte) quando la parola “Dio” non viene messa fra virgolette la proposizione che la contiene diventa insensata, perché non si usa un metalinguaggio, cioè un linguaggio che illustra un altro linguaggio, e quindi il termine “Dio” descrive qualcosa di inverificabile.
Sicuramente ci sarà qualche motivo recondito e intrigante che sfugge alla gente comune, visto quello che ci si è costruito sopra e visto che lo stesso Lutero tutto sommato, parlando di ritorno ad una presunta “purezza” originale del cristianesimo, non è riuscito a creare nient’altro che uno scisma, anche se opportuno e salutare. Però io credo che il motivo vero del suo successo sia molto più semplice: Gesù è stato uno che parlava dopo aver pensato con la propria testa (cosa non tanto frequente e meno che mai sopportata nell’ambiente ebraico di quel tempo); quindi è stato un uomo importante perché ha avuto coraggio intellettuale e si è comportato di conseguenza. Oltretutto se ne rendeva conto, e di certo si sentiva pure un bel po’ “fico”. Cercherò di dimostrarlo:
Non a caso la cosa che disprezzò di più fu l’ipocrisia. Breve elenco: 1) Farisei, sepolcri imbiancati…2) (al giovane ricco) …se vuoi esser perfetto dona ciò che hai ai poveri, e poi seguimi! 3) son venuto a metter discordia fra padre e figlio…chi ama suo padre e sua madre più di me non è degno di me 4) quando preghi entra nella tua cameretta, sèrrane l’uscio… 5) non chi dice “Signore, Signore” entrerà ner Regno dei cieli 6) non quello che entra per la bocca contamina l’uomo, ma quello che ne esce…7) …e tu Capernaum sprofonderai nell’Ades, perché se Sodoma avesse visto le opere potenti compiute in te, sarebbe durata fino al dì d’oggi!
Serve altro?
A dodici anni rimproverò i suoi genitori perché si erano preoccupati di sapere dove fosse sparito (stava in un tempio a parlare con certi “dottori della Legge”). Poi sparì effettivamente per una ventina d’anni. Qualcuno parla di frequentazioni con gli Esseni, qualcuno si sporge più a oriente (in tutti e due i casi per spiegare la capacità delle guarigioni miracolose).
Buona parte delle sue parabole sono banali, ma tutte suggestive. Certi ingiunzioni risentono (ripeto) di quella che oggi viene chiamata “magia nera” ( “scrollatevi la polvere dai calzari!” – “amate i nemici”
Capernaum
giovane ricco
autorita
LA NATURA DEL CRISTO
Il primo Concilio di Nicea (a. 325) fu indetto per confutare la dottrina di Ario, che sosteneva la sola natura umana del “Cristo”. Tale operazione non richiese un grande sforzo, data la superficialità dell’eresia. Infatti Gesù è conosciuto da molti, Ario da pochi.
Da lì nacque però anche una suggestiva dichiarazione di fede che va sotto il nome di “Credo” o “Symbolum Nicenum”, uno dei testi liturgici più belli ed emozionanti di tutto il cristianesimo, contenuto non a caso anche nella Messa, dopo il “Kyrie” e il “Gloria”. Vi si sostiene, tra l’altro che Gesù è “filium Dei unigenitum et ex patre natum ante omnia saecula…genitum, non factum, consubstantialem Patri”. Infatti Gesù afferma: “Prima che Adamo fosse, io sono”.
Quindi l’Eterno non Lo crea perché, essendo YEWE, cioè tutto ciò che “esiste” (come dice di sé stesso a Mosé; “Io sono colui che sono”) ed essendo “tzebaoth” (che porta cioè ad esistere “le schiere”), rende semplicemente percettibile non solo tutto ciò che pre-esiste, ma anche il “Logos” attraverso cui “omnia facta sunt”.
Però, se tutto questo è sensato, perfino l’ultimo dei salmi che canta: “Allelu-ja! tutto ciò che respira lodi l’Eterno” in un certo senso sbaglia, perché non è “ciò che respira” che deve lodare l’Eterno, bensì “tutto ciò che è”, perché esso stesso non è niente altro che YEWE che loda sé stesso in quanto “è”.
Che altro potrebbe fare? Padre Dante scrive:
“O Luce eterna che sola in te sidi
sola t’intendi e da te intelletta
e intendente te ami ed arridi”
Meister Eckhart dice che l’Eterno (il Padre. La Divina Podestate) non fa altro che generare il Verbum (il Figlio. La Somma Sapienza) in un atto d’amore (lo Spirito. Il Primo Amore, appunto). Ma tutto ciò ha senso solo se YEWE è “tzebaoth”, altrimenti (come nello stesso “Corano” è scritto) che bisogno avrebbe Dio di avere un figlio?
I cristiani affermano però che Gesù, oltre ad essere il Logos, è anche un “Agnus Dei, qui tollit peccata mundi” e si noti che “tollere” non significa tanto “togliere”, quanto “prendere su di sé”...Sempre Dante scrive:
“Né per ambage, in che la gente folle
già s’inviscava, pria che fosse anciso
l’agnel di Dio che le peccata tolle”
A questo punto una persona seria osserverebbe che la faccenda si complica un po’ troppo, ma questo dal punto di vista cristiano sarebbe contraddittorio perché Gesù stesso ha detto che il Regno dei Cieli è accessibile ai bambini, non ai sapienti la cui mente anzi Dio si diverte a “confondere”. Una persona onesta invece (cioè un filosofo vero) andrebbe a consultare il dizionario etimologico per vedere da cosa derivino le parole “agnello” e “peccato”: la prima significa “giovane, piccolo” (che coincidenza!); la seconda significa “inciampare”. Non mi sembra difficile azzardare qualche suggestiva interpretazione, dal momento che Cristo nelle sacre scritture è stato definito, oltre che “agnello”, anche “pietra angolare” e “pietra d’inciampo”.
Ma gli ebrei, che sono quelli che questo “Dio” (giudeo, cristiano e islamico) se lo sono inventato, hanno scritto invece che esattamente “Nel principio” (che è la prima parola della “Genesi”) c’è stata una vera e propria “Creazione” a prescindere dal “messia”. “Nel principio” in ebraico si scrive e si dice con una parola che in italiano suona pressappoco come “Berescit”. Dunque siccome la lettera”B” (Beth) è la prima lettera della parola “Berescit” (e, in un certo senso, anche la prima lettera dell’alfabeto ebraico, perché in molte lingue antiche le vocali non hanno la stessa importanza delle consonanti), la “Creazione” sarebbe iniziata non per mezzo del Logos, bensì dall’incavo delle due pancette della lettera “Beth”, che danno un’idea di apertura, e nessuno sarebbe autorizzato, secondo l’insegnamento rabbinico, a indagare su cose che precedono la creazione del mondo, visto che a sinistra della stessa lettera c’è una sbarra: sarebbe come andare prima di “Nel Principio” o meglio prima di “Beth. E la cosa preoccupante è che non c’è niente da ridere.
Infatti chi è mosso istintivamente dalla voglia di distruggere (caratteristica tipica delle persone misere, appestate e invidiose) tende a screditare idee, immagini e documenti che obiettivamente suscitano perplessità, ma che di contro meritano rispetto per il solo fatto di essere stati concepiti da persone importanti. Chi invece è mosso da sana onestà e curiosità intellettuale , il filosofo insomma, non solo rifugge da critiche troppo semplici e banali, ma dà a certi fenomeni un taglio di lettura che possa giustificare non tanto modi di essere o opinioni, ma addirittura comportamenti e affermazioni nette in campi, a dir poco, aleatori.
Prendiamo in considerazione un libro come “l’Ecclesiastico”. L’autore è un certo Gesù, figlio di Sirah. Si tratta di un apocrifo del Vecchio Testamento, secondo i protestanti; accettato nella Bibbia, invece, dai cattolici. Una volta tanto non posso non essere d’accordo con loro, se non altro perché è un libro bellissimo...
Naturalmente tutto quello che “non va”, in ambito teologico, è semplicemente che anche persone di media intelligenza, con una sufficiente conoscenza della storia e dotate di buon senso, si rendono conto che le religioni “storiche” appunto sono nate nell’ambito di popolazioni molto antiche e molto ignoranti. E sanno benissimo che hanno portato ad incomprensioni, rivalità, conflitti, guerre, stermini, contrariamente a quanto ci si sarebbe potuto attendere. In realtà questa opinione deriva dalla mancata lettura dell’Antico Testamento e del Corano, perché YHWH TZEBAOTH, fra le tante accezioni significa anche “Dio degli eserciti” (non solo schiere angeliche, o insieme delle cose esistenti) e nel Corano si invitano in continuazione i veri fedeli a fare la “guerra santa” contro i miscredenti e gli idolatri [gli Ebrei per es. vengono definiti un “popolo maledetto” (IV sura. v. 46)].
Le succitate persone di media intelligenza però, subito dopo essersi sfogate alla Fantozzi pronunciando la coraggiosa frase: “queste sono tutte cazzate” rimangono con dei piccoli tarli.
1) Ad esempio, in ambito cristiano, Clemente d’Alessandria ritenne che la donna dovesse vergognarsi per il solo fatto di essere tale; Tommaso scrisse che le donne potevano essere usate dagli uomini come meglio ritenevano; cattolici e protestanti diedero alle fiamme centinaia di migliaia di ragazze dopo averle torturate… (inutile andare avanti). Come si spiega allora che le donne sono mediamente più devote degli uomini, e continuano ad andare in chiesa, vanno a confessarsi (cioè a raccontare gli affari loro ad un uomo), vanno persino in processione (come femministe ad una manifestazione), e una volta divenute inappetibili sessualmente diventano catechiste e raccontano bugie ai ragazzini (dato che non conoscono la Bibbia)?
2) Perché uomini importanti pensano e hanno pensato che la parola “Dio” abbia un senso (malati mentali a parte)?
3) Perché persone umili, dolci e innocue vanno a raccontare le loro piccole debolezze a rappresentanti di un’associazione che ha compreso e ancor oggi comprende anche sterminatori, torturatori, stupratori, nemici della scienza e del libero pensiero?
E soprattutto, se persone sensate possono trovarsi fra credenti e non credenti, possibile che non ci sia una soluzione per mettere d’accordo le loro opinioni, sensazioni, stati d’animo, presunzioni, certezze, debolezze…tutto insomma?
Secondo me c’è una soluzione e, come al solito, deriva dagli altolà che per fortuna ancora ci giungono dal Circolo di Vienna: è una questione di parole, anzi di significato delle parole: provate a leggere qualsiasi testo sacro e divertitevi a sostituire alla parola “Dio” la parola “Eterno”. E fate finta che la parola “Eterno” non sia un sinonimo della parola “Dio”, ma che significhi semplicemente quello che anche il più ateo degli scienziati intende, e cioè “ciò che è eterno”, (perché nell’universo per quanto ne sappiamo finora, nulla si crea, nulla si distrugge, semplicemente la materia è soggetta a trasformazioni quantiche, atomiche subatomiche e così via).
Allora cambia tutto!
Salomone è stato ritenuto l’uomo più saggio che sia mai esistito, e forse non a torto perché era anche furbo, infatti quando l’Eterno gli chiese cosa voleva per sé, in quanto figlio di David, rispose che non voleva denaro e potere bensì saggezza. E l’Eterno riconobbe qualcosa di buono nella sua risposta, concedendogli oltre alla saggezza anche denaro e potere, e mogli e concubine che da questi derivano.
Ebbene Salomone scrisse fino ad annoiarci: “il principio di ogni Sapienza è il timore dell’Eterno!”, che tradotto per i non credenti suona: “il principio di ogni saggezza è avere rispetto per ciò che esiste eternamente”. Non è questo un buon punto di partenza?
IL CATTOLICESIMO
(Apostrofe)
D’altra parte il cattolicesimo è una religione stigmatizzata non solo da persone di rilievo per naturale e comune consenso degli intelligenti. Una buona parte di esseri umani semplicemente pensanti, è convinta che il cattolicesimo, più che una religione, sia la più imponente associazione a delinquere dell’intera storia dell’umanità. Non si capisce perché a questa opinione non venga dato alcuno spazio in un paese ancora abbastanza civile e, una volta, fonte di civiltà come è stata l’Italia.
Anche un alunno poco dotato di scuola media, dovrebbe conoscere le atrocità commesse dai cristiani se avesse aperto tre o quattro volte il libro di storia.
Ma di fatto, anche conoscendole, non le “percepisce”, perché il medesimo studente avendo spesso genitori non pensanti o, più spesso, disonesti intellettualmente, va a catechismo e crede più ai catechisti che ai libri di storia.
Sul canale televisivo RAI STORIA (scrivo questo nel 2011) ho visto delle registrazioni: uomini e donne della prima metà del ventesimo secolo nelle campagne italiane abbrutiti nel volto deformato (che dovrebbe essere a immagine di Dio) e nello Spirito, ingannato dal cattolicesimo, che si esprimevano in maniera indegna, dicendo idiozie religiose e senza il benché minimo spirito critico: i campi di concentramento nazisti mi sono apparsi come un atto di grazia, perché lì c’era la morte anziché la tortura dell’imposizione delle menzogne e dell’ignoranza.
Già B. Russel scrisse che più grave delle crociate, della messa al rogo di scienziati e filosofi o presunte streghe e quant’altro, sia stata l’inibizione dello sviluppo del libero pensiero (questi assassini si sono permessi di far inginocchiare il padre del metodo scientifico, da vecchio, sul piancito del loro tribunale). Ma c’è di peggio, molto peggio:
Una persona buona, quando ha raggiunto una certa età non si emoziona tanto alzando gli occhi al firmamento, che è abbastanza scontato e semplice. Si emoziona perché se ascolta un merlo cantare in un certo modo ne coglie l’intero fascino. Se vede un semplice filo d’erba si accuccia e “sente” che quel filo d’erba, a sua volta, “sente” la sacralità di tutto ciò che esiste. Ricordiamoci l’esito del salmo LXV. 13/14:
LE COLLINE SI RECINGONO DI GIOIA
I MONTI SI COPRONO DI GREGGI
LE VALLATE S’AMMANTANO DI BIADE
TUTTO GIUBILA! TUTTO CANTA!
Come reagisce una persona ignorante ma onesta di fronte a questa “poesia? Secondo me avvertendo il senso del “sacro”. Il “Sacro” schiuma: è inarrestabile.
Non ha bisogno di “immagini create da mano di uomo”. Invece sentite che cosa c’è scritto nella sesta assise ecumenica (il secondo Concilio di Nicea. a. 787): “L’uso delle immagini è antichissimo presso i popoli, perché l’uomo comune necessita dell’uso delle cose visibili per elevarsi più facilmente alla contemplazione del mondo invisibile e spirituale”. Perdio!
Allora ha sbagliato Dio stesso quando ha tuonato: “Maledetto l’uomo che fa un’immagine scolpita o di getto, cosa abominevole per l’Eterno!” (DEUTERONOMIO 27. v. 15).
I catechisti cattolici lo nascondono, ma basta leggere i Comandamenti: “Non avere altro Dio nel mio cospetto! Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra...” (ESODO 20)
Cari fedeli cattolici! E’ qui la condanna della vostra ignoranza ingiustificabile e soprattutto suicida spiritualmente. L’idolatria è il peggiore dei mali: il dio in cui credete, inventato dagli ebrei che, essendo almeno consapevoli dell’argomento, hanno la simpatica faccia tosta di autodefinirsi popolo eletto e sacerdote, vi ha già condannati, prima che cominciaste a esistere e a creare danni e disastri.
Nei telegiornali italiani le idee e le parole del papa vengono trasmesse come se provenissero da una persona che abbia una qualsiasi autorità reale. Si definisce ancora il papa come “santo padre”. E si sottintende che il papa continui a essere naturalmente il vicario di Cristo. Non faccio alcun commento per “carità” cristiana. Vi pongo una semplice domanda: se Gesù di Nazareth tornasse sulla terra non a giudicare i vivi e i morti, ma semplicemente a vedere l’aspetto esteriore del vostro papa, vestito da pagliaccio, cosa direbbe?
Sono fratelli, anche se non sono la stessa cosa. Un proverbio siciliano recita: “comandare è meglio che fottere”. Più che un proverbio si tratta di un’ovvietà, infatti chi comanda semplicemente può disporre quasi di chiunque; ma anche arricchirsi comodamente (anziché elemosinando) ha il suo fascino, tanto è vero che negli ultimi tempi stanno cascando nella trappola anche le femminelle zingare (razza riconosciuta come pura dallo stesso Hitler).
La ricchezza, dal punto di vista dell’equazione interiore, non serve a nulla, come tutto il resto. Essere ricchi significa semplicemente avere un tenore di vita più alto, con tutti i vantaggi e gli svantaggi: avere una piscina all’interno della propria casa, ma anche andare al letto preoccupati perché qualcuno ha minacciato di rapirti il figlio: c’è chi ama le piscine, chi ama la tranquillità.
Sinceramente penso che il denaro accechi e faccia commettere errori pacchiani. Per esempio: un calciatore molto bravo è di solito anche molto ricco; per qualche curioso stravolgimento mentale tende ad accoppiarsi non con una ragazza umile, carina e modesta che gli sarebbe devota e lo farebbe felice per tutta la vita, bensì con una ragazza appariscente e ambiziosa che, dopo qualche settimana, ha una gran voglia di “realizzarsi” per conto suo.
Tendono a voler diventare ricchi quelli che da bambini erano poveracci sia materialmente che spiritualmente. Tendono a voler diventare potenti quelli che da piccoli erano considerati “soggetti” a scuola, i brutti, gli incapaci, i superbi e forse anche i bassi di statura.
Chi ama il denaro, o si chiama Paperon de’ Paperoni (e allora è uno dei più deliziosi e divertenti personaggi della fantasia) o è l’essere più squallido e raggirato del mondo, perché si riduce a comprare, non a conquistare, ciò che lo attornia e lo affascina. Lo stesso Gesù non condanna i ricchi per il fatto di esser ricchi, ma per l’amore verso il denaro, cioè per idolatria ( “non si può servire a due padroni: Dio e Mammona”). Infatti lo stesso YEWE ha ammonito: “Non avrai altro dio fuori di me”. Questo è un argomento talmente importante che se ne è accorto persino Marx.
PINCIPI GENERALI
Questa parola deriva dal greco “ethos” e non significa “comportamento virtuoso”, bensì “modo di fare, abitudine, costume”; corrisponde alla parola “morale”, che deriva dal latino “mos” e significa la stessa cosa. Infatti gli antichi greci e romani, come i buddisti, non avevano un concetto tanto ben definito di “bene e male” come credono di averlo, invece, gli attuali cristiani.
Il primo imperativo etico è “neminem laedere”; cioè non danneggiare, e nemmeno dare fastidio ad alcuno: tu puoi drogarti, ubriacarti, leggere De Sade e ringalluzzirti, puoi fare quello che vuoi…dopodiché non devi rompere le scatole a nessuno. È consigliabile anche non contravvenire in genere ai codici civile e penale. I cretini vanno in galera perché “una volta tanto debbono sfogarsi, seguire i loro istinti”; i più grandi delinquenti del mondo invece in galera non ci vanno, non tanto perché sono furbi quanto perché, essendo saggi, sono anche claustrofobici e quindi non possono permettersi di farsi rinchiudere in una cella.
Potrei dare una “serie” di consigli etici che però, non a caso, rimanderebbero al paragrafo “Risparmio Energetico”. Sintetizzo dunque dando solo il più importante: cercate di agire il meno possibile (anche se questo è un consiglio più sapienziale che etico).
Se voi non agite, stimolate chi vi sta intorno ad agire. Se voi non parlate, gli altri cominceranno a parlare e, formulando domande, tracceranno i canali della risposta. Se siete insegnanti, non imponete il silenzio ad alunni esagitati: otterreste il risultato opposto! Se però avete proprio voglia di muovervi, cercate almeno di prendere tre o quattro piccioni con una fava: andare in palestra ad esempio fa male all’olfatto, ma fa bene ai vasi sanguigni e alla mente; andare in autobus comporta una bella faccia tosta ma anche qualche soddisfazione: ostentare il vostro nobile sguardo in tralice ai capannelli di conducenti assunti per raccomandazione; ripensare a Wagner osservando pietosamente un inutile ragazzo tedesco appeso all’apposito sostegno…
Ogni persona seria, prima di morire, dovrebbe scrivere un breviario di “Etica” o almeno leggerlo. L’Etica infatti ha sempre avuto un posto di rilievo in tutti i sistemi filosofici. E di giusto perché, dopo tante chiacchiere, una delle poche cose che le persone ignoranti vorrebbero sapere dai filosofi è semplicemente questa: “comportandomi in quale modo passerò una vita più felice?”.
Kant per esempio che, chissà perché, è ritenuto una delle più grandi menti della storia del pensiero occidentale, ha scritto (tra l’altro) due libri: “Critica della Ragion Pura” e “Critica della Ragion Pratica”. Con il primo (che riguarda la conoscenza) ha creduto di spiegarci come facciamo appunto a conoscere le cose che sembrano starci attorno. Con il secondo (che riguarda la morale) ha espresso curiose teorie, tipo: 1) che l’Etica abbia primato sulla Conoscenza 2) che gli esseri umani debbano essere considerati in ogni caso come fini e non come mezzi 3) che non si debba fare agli altri quello che non vorremmo fosse fatto a noi (un’ idea nuovissima) 4) che ogni uomo debba avere il cielo stellato sopra di sé e la legge morale dentro di sé.
Ha esposto questi punti di vista in una maniera talmente appassionata e mirabile che perfino Nietzsche (che lo definiva un “operaio del pensiero” come quell’altro “cretino” di Hegel) si è guardato bene dal contestarlo dal punto di vista teoretico. Eppure una persona normale rimane perplessa. Analizziamo brevemente i quattro punti:
1) Sarà pur vero in certi casi; però se la conoscenza progredisce si scopre il magnetismo, l’elettricità, l’energia nucleare; e allora si inventano tante cose non tanto banali né spregevoli: la bussola, la lampadina, il frigorifero, il telefono, il computer …cose che il volgo usa pur non sapendo perché funzionino, né chi le ha ideate. Ma tali invenzioni migliorano anche il nostro modo di comportarci.
2) Non credo che gli islamici siano tutti d’accordo su questo secondo punto. E gli islamici sono tanti.
3) Questo è troppo facilmente contestabile: io posso aborrire il clistere, ma qualcuno può averne bisogno.
4) Non credo che un melanconico sarebbe d’accordo.
Prendiamo allora il caso di un drogato o alcolista predisposto alla creazione artistica. Soprattutto se ha famiglia, e quindi responsabilità legali, cosa è più giusto che faccia? Inebriarsi e regalare, grazie al suo “daimon”, qualche cosa degna di nota all’umanità o controllarsi per evitare atmosfere sgradevoli in famiglia?
Agli illuminati do questo consiglio: dopo una serata non dico dionisiaca, ma semplicemente piena di grazia, non andate a sdraiarvi immediatamente vicino a vostra moglie o chi per lei. Fatevi uscire i fumi dei pensieri dall’alto del cranio, non dalla fronte; cioè passate un’oretta sonnecchiando seduti sul divano o chi per lui, e solo dopo sdraiatevi vicino al “vicino”, ricreando l’Adamo originale. Oltretutto forse vi si attenueranno un poco il profumo dell’aglio e del vino che danno tanto fastidio alle vostre raffinatissime compagne.
Ma torniamo a cose più semplici. Pensare con la propria testa non sempre è un bene (bisogna vedere chi lo fa!). Prendere per buoni o peggio per scontati opinioni e gusti correnti è una cosa pessima. Ad es. “Imagine” è stata definita una delle più belle canzoni del Novecento: in realtà è una stronzata. “I have a dream” di M. L. King merita lo stesso giudizio: sono due inni non solo alla banalità ma anche all’idiozia.
Prendete i “valori” a cui si sarebbe ispirata la Rivoluzione Francese. “Uguaglianza”, “Fraternità”: queste due cose piacciono solo ai morti di fame; i ricchi infatti non hanno nessuna voglia né intenzione di essere uguali agli altri e meno che mai fraterni (a meno che non gli convenga). Ma un valore, per essere tale dovrebbe esser valido per tutta l’umanità, non solo per i morti di fame. Quindi Uguaglianza e Fraternità semplicemente non sono valori! Voglio sperare che di Libertà non si debba neanche cominciare a parlare! Libertà per chi? per fare cosa? Per Hegel la massima espressione di Libertà consisteva nel rispettare le leggi vigenti. Lo so che B. Russel si è scandalizzato per questo, ma Russel era Russel e, a dirla tutta, gli inglesi non hanno mai avuto filosofi (né musicisti) a livello e dello spessore dei tedeschi, quindi dovrebbero indugiare un po’ prima di esprimere giudizi.
Ma, visto che siamo in Italia, parliamo di Francesco. Da giovane credo che ne abbia combinate ben più di quanto si tramanda, per il semplice motivo che era ricco e amante del piacere. La gente comune dà per scontato che Francesco abbia avuto una specie di conversione. Non è vero: a un certo punto della sua vita ha semplicemente trovato il modo di essere ancora più ricco e più felice di prima.
Siamo sinceri: avendo una sconfinata disponibilità economica io posso comprare quasi tutto, ma per fare che?
Facciamo un salto ai nostri giorni. È più piacevole mangiare tutti i giorni caviale del Volga o patate cucinate in vari modi? Essere sempre impeccabilmente eleganti o concedersi frequenti abbandoni al casual? Viaggiare su una Rolls Royce o su una sportiva decappottabile?...
Allora io suppongo che Francesco abbia così ragionato: “finora mi sono divertito a comprare abiti, gioielli, cibi e vini raffinati, esseri umani di tutti i tipi…non è che magari è più divertente liberarsi di “tutto” (non solo cose materiali, ma anche doveri, abitudini?). Anziché continuare a perdere sonno e salute parlando con le solite quattro mignotte che posso comprare come e quando voglio, non è che è più difficile e quindi più stimolante e quindi più divertente mettersi a fischiare agli uccellini, fra una capriola e l’altra sui prati, per vedere se ti rispondono? Anziché litigare coi soliti quattro stronzi che quando bevono diventano “aggressivi”, non è che è più eccitante vedere che fa un lupo se ti ci metti davanti e non dài segni di paura?
Tutto questo vi sembra una rinuncia? ma non scherziamo! l’ha detto lui stesso: è “perfetta letizia”!
Purtroppo qui l’affare si ingrossa e non si può mettere in mano all’avvocato, a meno che egli stesso non disdegni; infatti Etica ed Estetica si contaminano. Non tanto perché la curva esterna del fagiolo abbia ricordato a W. Reich la spina dorsale del cane che si accoppia o le volute delle galassie, quanto perché anche i fiori del glicine non scherzano. Però quello che ha scritto per il cantante Michele (forse lui stesso) la canzone “Ho camminato” (che citando il glicine si riscattò) non ha inserito una quarta e sesta su una cadenza di rilievo. Dunque, togliersi la cuffia non è un diserzione dalla vita.
Per quanto riguarda la Guerra e la Schiavitù.
Durante la prima guerra punica i romani affondarono una nave cartaginese (la guerra: che orrore!), ne studiarono le caratteristiche, e nel giro di due mesi(!) costruirono, su quel modello, centoventi(!) navi da guerra! Chi le costruì? Attilio Regolo? Menenio Agrippa? Silla? Giulio Cesare? o lo stesso Scipione? No! le costruirono gli schiavi (che orrore!). Certo, se ci fossero stati i sindacati, gli schiavi non sarebbero stati sfruttati per più di otto ore al giorno per costruire tale flotta! Ma quale sarebbe stato il risultato?
Catone il censore, diciamola tutta, non credo fosse simpatico e molto probabilmente era anche parecchio stronzo. Però noi lo ricordiamo massime per il seguente motivo: in Senato si poteva discutere di qualunque cosa: del prezzo del farro, delle murene nelle piscine...in ogni caso la conclusione del suo intervento in Senato era sempre: “cetera, censeo Chartaginem delenda esse!”
IL RISPARMIO ENERGETICO
Non mi perito di dire che il “risparmio energetico” sia il principio etico migliore, e cercherò di suffragare tale certezza con una serie di argomentazioni anche se ciò, paradossalmente, richiederà un certo sforzo; perché in questo caso ne vale la pena.
Abbiamo già accennato all’accidiosità dei gatti, ma i gatti forse sono la perla del creato. Scendiamo allora (si fa per dire) alle cose inanimate: i corpi, se c’è gravità, rispettano la legge di gravità, altrimenti (nel vuoto) si muovono in linea apparentemente retta. In tutti e due i casi faticano il meno possibile. E non solo i piccoli corpi: Keplero ci ha fatto notare che perfino i pianeti si muovono attorno alla loro stella con un’orbita ellittica che evidentemente, per qualche motivo, è più comoda di quella circolare (l’universo è precedente alle fissazioni di Parmenide. E se la vogliamo dir tutta, Keplero si guadagnava da vivere facendo l’astrologo, non certo l’astronomo!).
Si dice: “ogni medaglia ha il suo rovescio”. Si dovrebbe dire: “ogni medaglia non può non avere il suo rovescio, altrimenti non potrebbe semplicemente esistere”. Questo vuol dire che qualunque invenzione , qualsiasi idea o ideologia, qualsivoglia religione non può farci progredire neanche di un centimetro, perché quanto ci faciliterà da un lato, tanto ci danneggerà dall’altro. Lao Tze e Leopardi si accorsero di questa banalità: il primo si è sempre rifiutato di attraversare un ponte o anche solo di camminare su una strada battuta, perché innaturali; il secondo ci ha scherniti parlando delle nostre presunte “sorti progressive”.
Mi spiego: prendiamo una commessa in un grande magazzino. Le si dice: “mèttiti i pattini per andare da un reparto all’altro”. Lei pensa: “Meno male! Così cammino meno e quindi fatico meno!”. In realtà la povera cretina si muoverà solo più velocemente, quindi lavorerà e si affaticherà di più. Per cui chi ci guadagna dall’idea dei pattini non è lei, bensì il padrone del grande magazzino e i suoi compari.
Supponete che qualcuno sia stato richiesto a Parigi. Se gli aeroplani esistono, il cretino penserà: “Meno male che c’è l’aeroplano, così arrivo prima!”. Non solo, ma il richiedente pretenderà addirittura che il malcapitato raggiunga la capitale francese in giornata, il che implica orari rigorosi di sveglia, toilette, telefonata al taxi (se si trova), viaggio innaturale sopra le nuvole ecc… Se semplicemente non esistessero aerei, automobili, treni e mongolfiere che succederebbe? Che il richiedente non potrebbe avere nessuna pretesa né sull’ora né sulla data di arrivo, e che il viaggiante farebbe un lungo e gradevolissimo viaggio gustandosi la campagna, le locande, le signorine, la cucina e tutte le altre bellezze delle regioni attraversate.
Che voglio dire allora? Che le cose peggiorano con il passar del tempo? No, semplicemente che si tratta di due realtà diverse: chi ne ama una, chi l’altra. D’altra parte però lo stesso Universo sembra ragionevolmente condannato alla morte termica o entropia, che significa immobilità di tutte le particelle fisiche elementari. Cioè, ancora una volta, muoversi meno possibile!
Ragionare di Etica è dunque utile, ma bisogna essere liberi spiritualmente sennò si rischia di rientrare nel novero delle discipline e degli sforzi inutili.
Si potrebbe obiettare: “Ammettiamo che tu, caro Marco, abbia perfettamente ragione! Ma queste cose perché le scrivi? per far vedere che sei più saggio di noi? che hai ragionato più di noi? che ti diverti a scrivere quando ti gira e invece a noi ci gira di meno...?
No! ovviamente la cosa è molto più semplice:
Io sono stato baciato dalla Fortuna perché, a parte certi accadimenti non tanto teneri e di varia natura, sono vissuto finora per una sessantina di anni, avendo goduto dei piaceri del vino (che è una gradevole porta della percezione) e quindi della Musica e di certe femmine (che al vino sono collegati). Ho goduto dei sapori e degli indimenticabili odori che sono (ancor di più) madri della nostra anima. Sono in grado di capire da solo (e non perché l’ho letto da qualche parte) se una poesia o un quadro sono veramente belli. Ho scoperto che la superbia e l’umiltà sono esattamente la stessa cosa: provate a osservare una nuvola o un rametto di gramigna: proverete tutte e due le stesse sensazioni, nonostante si tratti di cose tanto diverse fra loro.
Oltre a questo ho avuto la fortuna di non vergognarmi di esprimere quello che ho sempre sentito dentro di me: sono diventato un poeta dignitoso e un musicista notevole. Mi onoro cioè di partecipare alla “creazione continua” come hanno scritto i maestri del popolo eletto. Ma non è sicuramente per questo che da qualche anno sto godendo anche la benedizione di una brava moglie e di un figlio che è ancora tutto da vedere. Le cose, belle o brutte, non avvengono per meriti o demeriti. Bisogna solo riconoscere quel che Salomone ha più volte ripetuto: “Il principio di ogni Sapienza è il timore dell’Eterno”.
Detto questo cominciamo a esprimere concetti un po’ più strani e antipatici. Perché se per Etica si intende “modo di fare, di comportarsi”, è ovvio che dietro ci debba essere un modo di “pensare” che determini tali atteggiamenti. Siccome non sono stupido mi guardo bene dal proporvi mie opinioni o punti di vista; vi faccio invece un semplice invito:
Prendete un tema, una cosa, un fatto qualsiasi e chiedetevi: “Quale è l’opinione generale e data per scontata su questo argomento?” e divertitevi a considerare la faccenda dal punto di vista opposto. Non è una grande novità: l’hanno fatto Wilde, Nietzsche, Hume, Copernico, Francesco…perfino Gesù! Volete qualche esempio?
1) Nel primo secolo dell’era volgare Seneca frequentava la corte di Nerone. Seneca è considerato oggi un amabilissimo filosofo, Nerone una persona malata (e questo è sicuramente vero visto tra l’altro lo stato mentale di alcuni suoi ascendenti). Però siamo sinceri: a me che vivo nel ventunesimo secolo cosa ha lasciato Seneca? Una serie di opinioni stoico-epicuree, forse gradevoli da leggere, ma sicuramente inutili, anche perché datate e già scritte. Cosa mi ha lasciato invece quel delinquente di Nerone? La “Domus Aurea”! Chi mi ha lasciato di più? Andatevi a controllare la meravigliosa struttura architettonica di questa “pazzia” e poi ne riparliamo.
2) Torniamo a Roma (quella vera): Spartaco. Questo individuo è considerato ancora oggi un grande eroe, un simbolo dell’anelito alla “libertà” degli oppressi. Nella Roma (non vera) attuale c’è anche una strada a lui dedicata. Vediamo se tutto ciò è giustificato.
Questo idiota che aveva l’unico pregio di provenire dalla Tracia (cioè la terra in cui gli Elleni avevano immaginato l’origine di Orfeo e di Dioniso) anziché onorare le sue origini inebriandosi, cantando, godendosi sua moglie e dimostrando ai potenti di Roma che lui era uno che contava (nel qual caso sarebbe diventato un liberto) ha preso un’altra decisione: rivoltarsi. Il che va benissimo, ma allora avrebbe dovuto farlo per conto suo. Invece no: lui voleva fare proprio una rivoluzione organizzata!
Farsi venire in mente un’idea del genere mentre a Roma c’erano Crasso, Pompeo e Cesare già la dice lunga sul quoziente intellettivo di Spartaco. Infatti quali furono i risultati? Quarantamila poveri ragazzi trucidati in battaglia! In più Crasso fece crocifiggere vivi seimila schiavi sulla via Appia, tanto per far vedere ai successivi Spartachi come Roma trattava gli imbecilli.
3) Cose più attuali? Consideriamo il commento ai fatti di alcuni giornalisti e soprattutto giornaliste nei vari telegiornali.
“alcuni ragazzi fra i quattordici e i quindici anni hanno messo per gioco polvere da sparo in alcune bottiglie. Una è esplosa... per fortuna nessuno si è fatto niente…”
Per fortuna? Per disgrazia! perché uno che a quattordici anni si diverte a mettere polvere da sparo nelle bottiglie sarebbe meglio che perdesse l’uso degli arti, così, da grande non danneggerebbe nessuno.
4) “il tal dei tali ha violentato una donna quarantenne…”
Per un simile individuo si auspica una pena esemplare. Io invece gli darei direttamente l’ergastolo. Ma non per stupro o violenza contro la persona o altro, bensì per stupidità.
Infatti oggi ragazze giovanissime (quelle affascinate dalla cultura occidentale, oppure quelle che comunque non hanno più problemi a rivelare la loro intima predisposizione) mettono in pratica le loro arti per non più di una trentina di euro. Allora che bisogno hai tu, povero demente, di fare violenza ad una donna attempata, che la spaventi, che si ribella perché è terrorizzata, che rischi la galera…perché sei stupido! E in quanto stupido non puoi andare in giro. Quindi: ergastolo!
5) C'è di peggio (con una bella fetta di meglio): Pasolini! Se Pasolini si è ostentato comunista avrà avuto i suoi buoni motivi. “Comunista” per modo di dire perché in realtà il Partito lo ha “schizzato” (in quanto apostata)! Ha scritto romanzi brutti e quindi inutili, poesie di buona fattura, film che se ne avesse scritto uno solo era meglio, perché alla fin fine l’idea è una sola, e geniale: vedere due bei giovani in canottiera, in bianco e nero, che credono di pensare con la propria testa e in realtà sono servi di un modo di pensare tradizionale, che giustamente fanno a bòtte, cioè si ménano. Ma la musica di commento non è Ortolani o Piccioni o (oggi) Piovani; bensì Bach! Perché?
Questa è una domanda molto più profonda di quanto si potrebbe pensare.
Perché due uomini forti e veri che fanno a bòtte sono una “realtà”! Ciò che è! YEWE! ZEN”: è lo stesso. Allora i due combattenti sono persone volgari, forse analfabeti, ma sono “Realtà”.
azze negri calabresi elogio della miseria affinché permanga la diversità se tuitti uguali trulli di alberobello.
parlare delle strade di roma dedicate a chi?
La pedagogia come tutte le discipline umane, è un’idiozia: trasmettere conoscenze e manifestare atteggiamenti ha senso, ma pretendere che questo condizioni il futuro comportamento dei nostri discepoli o figli non ha senso. L’esempio dato dai genitori infatti può essere seguito o rifiutato con lo stesso numero di probabilità; perfino due gemelli possono prendere strade diverse, a dispetto delle identiche condizioni di partenza. Dunque se prima di morire nostro figlio dirà: “Ho passato una bella vita” si tratterà solo di fortuna, non del risultato di una buona educazione. Infatti il pedagogo, nelle “orribili” civiltà greca e romana, schiaviste e guerrafondaie, non era l’insegnante, bensì il servo che portava i ragazzini a scuola. A una scuola non certo dell’obbligo né di massa, tanto è vero che ha prodotto i cretini che sappiamo, da Aristarco a Virgilio.
Ma uno schiavo di talento, ai tempi dell’antica Roma, poteva affrancarsi dimostrando il suo valore; mentre in alcune parti del nostro mondo emancipato, che disprezza e condanna ufficialmente la guerra e la schiavitù, sono i bambini stessi ad essere schiavizzati. E non solo. Infatti il turismo sessuale e pedofilo non è stato certo praticato dagli antichi romani, bensì dagli uomini attuali.
E, a dirla tutta, l’insegnamento in certi casi può risultare persino controproducente e sadomasochistico, specialmente se nasce ed è alimentato da “buone intenzioni”. Infatti trasmettere l’esistenza di cose belle e/o importanti ai cretini è pericoloso, perché equivale a metterli di fronte alla loro incapacità di godersi ciò che è elevato. Come dovrebbero reagire i poveri cristiani? E’ ovvio: o facendo finta di sbadigliare, o ri-rifugiandosi nel loro attaccamento al denaro, o innervosendosi, o diventando addirittura violenti.
Esopo e Gesù, che erano persone di buon senso, non a caso ci hanno raccomandato di non buttare perle ai porci.
Chi è contrario alla scuola dell’obbligo e all’istruzione di massa dunque non è uno sporco razzista, bensì uno che ritiene conveniente istruire esclusivamente chi ha voglia di essere istruito. Troppo semplice, vero?
Letteralmente significa: al di là di ciò che è naturale, che si percepisce con i sensi. Qualcuno ha detto che la Metafisica è morta. Non è vero: semplicemente per i cretini non è mai esistita; per pochi altri è stata fonte di ispirazione. Carnap ha scritto che i grandi metafisici sono musicisti falliti. Aveva ragione. Infatti un vero musicista, cioè uno in grado di scrivere una fuga bella (altrimenti si tratta di un altro tipo di dono) non può essere mai un fallito, perché sa fare la cosa più difficile e più raffinata del mondo. Il che lo preserva anche dal peccato di Invidia, che fa star male e genera male.
Di fronte al sesso l’atteggiamento dei vari popoli della Terra secondo latitudine, longitudine e periodo storico è talmente variegato che sembra fatto apposta: tutti sanno che si va dal tantrismo all’infibulazione.
Goebbels scrisse: “appena sento la parola “cultura” istintivamente metto mano alla pistola”. Per lo stesso motivo una persona di buon senso appena sente la parola “sesso” dovrebbe sentire una gran voglia di semplificazione. Vediamo perché invece questo non accade e limitiamoci comunque al genere umano.
Ogni membro del nostro corpo dà l’impressione di esistere perché serve a svolgere una funzione. L’organo genitale maschile ad esempio serve a penetrare da qualche parte altrimenti non avrebbe la forma che ha. Pare evidente che lo scopo principe dell’accoppiamento sessuale sia la riproduzione della specie; sta di fatto però che due persone sane quando fanno l’amore provano anche piacere. Questo doppio fine sembrerebbe creare già un problema, ma chi l’ha detto?
Anche mangiare e bere serve soprattutto a mantenersi in vita, ma se posso permettermi alimenti buoni e raffinati perché dovrei accontentarmi di alimenti mediocri? Infatti si assaggiano cibi e vini gradevoli non per sopravvivere, ma per il piacere di gustarli (con buona pace di Seneca che disprezzava qualsiasi raffinatezza gastronomica, ma che non mi pare sia vissuto sotto i ponti). Allo stesso modo si fa l’amore non solo per procreare, ma anche perché accarezzarsi e abbracciarsi è semplicemente bello e naturalissimo. Tanto è vero che i maschietti hanno erezioni già anche prima dello sviluppo e (come le femminucce) provano sensazioni fisiche gradevoli fin da piccoli (perché non dovrebbero, dal momento che sono “vivi”?). Freud, decenni fa, è stato massacrato per aver sostenuto argomenti così banali.
Anticamente invece le cose non stavano così: ci si rendeva conto del fatto che il sesso è per natura legato al dolce tempo della giovinezza, e quindi col passare degli anni l’oggetto del desiderio non cambiava. Scrive Saffo: “assedia già la pelle vecchiezza…il desiderio vola, in traccia di giovani”. Invece noi, nel nostro mondo evoluto e tanto più sessuofobico di quanto si creda, cosa dovremmo dire? Una donna matura che desidera un ragazzo giovane è edonisticamente giustificata; un uomo maturo che desidera una giovane ragazza, oltre che edonisticamente, è giustificato da un ancestrale e inconsapevole istinto di riproduzione della specie. Se così non fosse come mai persone anche sgradevoli fisicamente, ma ricche, tendono ad accoppiarsi sempre con partner molto più giovani di loro? E naturalmente ne trovano quanti ne vogliono perché è solo questione di prezzo.
Però (prostituzione a parte) oggi un giovane pensa: “chi me lo fa fare ad aver rapporti con persone più grandi?”. Il cretino non considera che, dopo vent’anni, anche lui sarà “più grande”.
Ma allora questo tema risulta ancora oggi tanto scabroso nella nostra cultura solo per il motivo che, tutto sommato, cristiani, ebrei e islamici concordino nel ritenere i piaceri della carne qualcosa di sconveniente? Non scherziamo! L’imbarazzo probabilmente deriva anche dal fatto che se alcuni nostri organi funzionano a partire da una certa età, non è che noi da allora “possiamo” utilizzarli: è che “dovremmo” utilizzarli, altrimenti sarebbe come se non si usassero i bicipiti per piegare le braccia. Però, in ambito sessuale, una considerazione tanto evidente ha scatenato reazioni spaventose e spesso violente anche in persone molto intelligenti, colte e sagge. Non si riesce a capire il vero motivo di tanta animosità. E non è finita: l’onestà intellettuale ci porta a rilevare altre “stranezze”.
Per esempio si suppone che sia normale fare l’amore con una persona che si ama. Se questo fosse vero io dovrei desiderare carnalmente anche mia madre o mia sorella o mio figlio; ciò che non è. L’obiezione più ovvia a tale argomento è che il verbo “amare” viene usato con diversi significati. Sarà, però l’attrazione erotica, oltre che dall’affetto, spesso prescinde anche dalla bellezza, e quel che è peggio anche dal fascino che è un’altra cosa ancora; quindi sembra essere a sé stante a tutti gli effetti. Questa osservazione non è certo nuova né astrusa: se ne è accorto perfino Kinsey!
Infatti i popoli del passato consideravano il sesso semplicemente come una cosa molto piacevole; anzi talmente piacevole che riesce a mettere la nostra psiche in uno stato di esaltazione divina (Venere), come d’altra parte anche il vino (Bacco) o qualsiasi altro stimolo eccitante (lo stesso Socrate parlava di un fantomatico daimon che alimenterebbe in certi casi i nostri impulsi irrazionali, ma proprio per ciò creativi). Basta leggere Ovidio o ammirare gli affreschi di Pompei per convincersene!
Entriamo dunque maggiormente nel merito: un uomo per avere un rapporto sessuale completo deve avere il membro eretto; una donna invece può fare l’amore anche se non eccitata. Il che non solo evidenzia in maniera incontrovertibile che quest’ultima può recitare un finto orgasmo (anche se solo a un cretino) e l’uomo no, ma soprattutto dimostra che il compito di eccitare il partner spetta alla donna, non all’uomo, altrimenti il rapporto risulta impossibile.
Il corollario apparentemente banale di questa considerazione è che la femmina, per essere eccitante, deve essere femminile. Sembra un truismo, eppure non credo che molte donne siano d’accordo. Questa è una delle più preoccupanti conseguenze del femminismo.
Negli anni settanta io pensavo che le ragazze avessero un ottimo motivo per ribellarsi, e cioè che fossero circondate mediamente da uomini non degni di questo nome. Infatti una donna può permettersi di non essere rilevante spiritualmente perché, visto che riproduce sia maschi che femmine, già fa tanto. Ma gli uomini hanno senso, nella storia dello Spirito, solo se sono artisti o scienziati, o producono almeno qualcosa di importante, altrimenti si limitano ad essere brave persone o delinquenti. Subito dopo scoprii invece che le femministe volevano soltanto che anche i loro compagni cominciassero a lavare i piatti.
Poveri noi!
Nel periodo storico in cui sto scrivendo (ora nel 2007) nelle presunte grandi civiltà occidentali (Europa e nord America) le donne suppongono di essersi emancipate lottando per la parità dei diritti in tutti gli ambiti della civile convivenza; il che sembrava un’ambizione giustificatissima. Ma il risultato concreto quale è stato? Che queste poverine non suscitano negli uomini degni di questo nome neanche più un sentimento di pena, bensì di pura e semplice noia.
Le palestre si sono riempite di ciccione che sprecano denaro (perché poi a casa mangiano come bufale) o di ragazze fisicamente gradevoli che solo gli sciocchi non sanno cosa stiano facendo. Il mondo del lavoro è invaso da donne-manager (spesso di sinistra) che non vedono l’ora di essere invitate in qualche trasmissione televisiva per farsi riprendere mentre si passano una mano fra i capelli con le palpebre abbassate (e nessuno si domanda per quale motivo le loro donne di sevizio non dovrebbero “realizzarsi” nello stesso tempo). Diverse altre donne praticano sport non femminili come il calcio o il pugilato, oppure fanno le commentatrici non riuscendo a nascondere un totale disinteresse per l’argomento. Ci provano anche nel campo degli scacchi (ma lì è un po’ più complicato). Quando sono ancora ragazzine le loro stesse madri (che sono della stessa pasta), ma in più sono esperte, le buttano in bocca a quei famosi ricchi-potenti per farle zompettare in qualche programma televisivo...
Inutile farla tanto lunga: siccome don Mazzi si preoccupava delle povere ragazze notturne di Rimini anziché di svariati suoi colleghi che sodomizzano i bambini nelle sagrestie di tutto il mondo, i politici emanano leggi contro la prostituzione e poi vengono “pizzicati” dalle loro stesse telecamere in veste di avventori, le “case chiuse” continuano a rimanere chiuse e le malattie veneree sovrabbondano… anziché preoccuparsi genericamente dello sfruttamento di tante persone disgraziate, forse bisognerebbe chiedersi: come mai anche i maschi più sempliciotti, quando fanno la loro “botta di vita” settimanale (si esime solo chi non porta la macchina) si accoppiano con fanciulle nere, gialle, slave, minorenni, transessuali, difettate…insomma tutto, tranne normalissime ragazze?
Ripeto: perché l’unico sentimento che si prova di fronte a questi esseri evoluti ed emancipati è soltanto una sconfortante e abissale noia!
I ragazzi in questo periodo storico hanno perso ogni interesse nei confronti delle ragazze, perché queste vestono male, non sanno più camminare, sono volgari sia nel linguaggio sia nei modi, bevono, fumano e quindi puzzano. Hanno perduto insomma ogni traccia di femminilità. Che fare? Nulla: la natura si ribella da sola. Le nostre donne occidentali non fanno più neanche i figli, e non contente organizzano anche manifestazioni contro quei brutti cattivi dei mussulmani e contro il velo imposto alle loro femmine che così (roba da matti!) non possono esporsi nude in televisione! Infatti il bello è che delle donne islamiche si preoccupano le donne occidentali ed emancipate, ma non le donne islamiche stesse, che invece stanno benissimo come stanno e, come è naturale, fanno i figli.
Basterebbe chiedersi: perché qualcuno si è inventato i “dieci comandamenti” e qualcun altro il codice civile e penale? E’ ovvio: per non far sottostare tutta la vita un individuo debole alle angherie del più forte fisicamente! (non del ricco e del potente. Quelli restano fuori comunque perché (c’è chi dice) pare che possano comprarsi qualsiasi avvocato o giudice).
Se si dà un argine alla forza fisica dal punto di vista legale però, questo non vuol dire che un uomo smetta (nel maggior numero di casi) di essere muscolarmente superiore ad una donna. Quindi il “codice penale” è sensato proprio perché inibisce l’espressione di una realtà fisica. Ma allora, ancora una volta, come fa la Natura a non ribellarsi? (non dimentichiamo che questi argomenti li sto sostenendo nel capitolo “Sesso”, non Etica o Sociologia!).
Nietzsche parlò di “volontà di potenza”. È pur vero che questo filosofo, aveva problemi mentali gravi che lo portarono anche a farsi crescere smisuratamente i baffi per evitare baci muliebri (come dicono i maligni). Di “Volontà di Potenza” però ha parlato purtroppo anche una persona che, pur essendo uno psicanalista, ha affrontato lo studio dell’animo umano in maniera seria: Adler. Oggi se un ragazzo, in dolce compagnia, non ha un’erezione pensa che questo dipenda dall’ “ansia da prestazione”, perché qualche miserabile psicologa gli ha ficcato in testa questa espressione verbale. Adler ha scritto invece che il maschio, non eccitandosi, non fa altro che mostrare il suo disprezzo per la femmina che non è stata eccitante.
Da ciò consegue che un maschio umano, a meno che non soffra di “transfert contro-edipici” come diceva quel mattacchione di Musatti, (che è stato il nostro più grande psicoanalista, infatti non era laureato in medicina, bensì in matematica) deve esercitare la sua “volontà di potenza” nei confronti della femmina, altrimenti non sarebbe semplicemente rispettata la gerarchia muscolare. Ma questo non significa che deve sopraffarla o addirittura usarle violenza: significa semplicemente che deve poter stare tranquillo e non esser neanche sfiorato dalla succitata “ansia da prestazione” per l’ottimo motivo che i partenopei così esprimono: “il cazzo non vuole pensieri!”.
Non c’è niente di più bello, ma neanche nulla di più trasgressivo che stare in buona salute: i poeti maledetti, le droghe, il satanismo ecc… sono tutte stronzate (io su questo argomento ci ho scritto anche una bella poesia!). Certo non è facile essere così rigorosi; né così fortunati. Si è detto che la felicità si ottiene soprattutto limitando i desideri. E’vero, ma chi non è spiritualmente filo-orientale difficilmente sarà d’accordo.
Leopardi scrisse (con amara semplicità): “io so che la felicità consiste nell’essere contenti” La Felicità però consiste anche nello stare a contatto con la bellezza.
Noi siamo in contatto con il mondo attraverso i nostri cinque sensi. Non bisogna dunque sottovalutare alcuno di essi:
L’Olfatto ci dona fenomeni che definiamo odori, cioè “profumi o puzze”.
Il Gusto (suo fratello) ci fa giudicare le cose che mettiamo in bocca “buone o cattive”.
La Vista ci dona immagini “belle o brutte”.
Il Tatto sensazioni epidermiche “piacevoli o sgradevoli”.
L’Udito “suoni o rumori”
C’è sempre una dicotomia. Siccome lo scopo di ogni essere vivente sembra quello di essere felice durante la sua esistenza (i melanconici, come abbiamo accennato altrove, la pensano diversamente, infatti sono melanconici) si potrebbe giungere alla conclusione che la Felicità consista nello stare a contatto con i primi termini delle cinque coppie (profumi, buone, belle, piacevoli, suoni) e non con i secondi; ma anche in questo caso i pervertiti, gli immorali, gli sprovveduti, i masochisti e i non-udenti potrebbero non essere d’accordo. Qui però la melanconia non c’entrerebbe più: se io dico di preferire una puzza a un odore sto parlando comunque di un piacere appunto (voluptas dolendi). Ma allora è vero che ciascuno cerca di essere felice nella sua vita stando a contatto con qualcosa che gli procura piacere, a prescindere da ciò che lo provoca.
Amen.